Due mesi in coma, vittima di un terribile rogo. Il corpo ustionato. Decine di operazioni. Oggi la rinascita con la divisa da pompiere
Ci scherza su. Non le chiama ustioni, bensì tatuaggi. Martino Pisaturo ha il 20% della superficie corporea ricoperta da ustioni. La schiena, un polso, una parte della coscia, un ginocchio e due bicipiti portano il ricordo di quella terribile notte del 10 febbraio del 2013 in via Ceresio a Pregassona. Era rientrato a casa dopo una serata tra amici e se n’era andato a letto. A poche ore dall’alba un corto circuito origina un incendio nel suo appartamento. Martino non si sveglia. Inala i fumi e perde i sensi. Le fiamme lo hanno già avvolto quando i pompieri entrano in casa e riescono a strapparlo alla morte. “Ricordo solo di aver chiuso gli occhi per dormire e li ho riaperti 50 giorni dopo” ci dice.
Cinquanta giorni di coma farmacologico in ospedale a Zurigo dove era stato nel frattempo trasportato a causa delle gravità delle ferite. «Ogni tanto i medici mi risvegliano dal coma e in quei pochi istanti mi dicevano che ero in ospedale a Zurigo e che avevo subito un brutto incidente. Non ero cosciente, ma quelle informazioni erano utili perché quando poi ho riaperto davvero gli occhi sapevo che ero in ospedale a Zurigo e ciò che mi era successo; evidentemente il mio cervello aveva immagazzinato tutte quelle nozioni che mi continuavano a dare durante la fase comatosa».
Cinquanta giorni in una sala rianimazione, seguiti da due anni di operazioni, sofferenze e riabilitazioni. «Solo nel novembre del 2015, a due anni di distanza dai fatti, ho preso pienamente coscienza di quello che mi era capitato. Lentamente sono ritornato a vivere. Mi sono messo nuovamente a studiare economia, ma dentro di me stava già nascendo il desiderio di fare il pompiere».
Potrebbe sembrare qualcosa di irrazionale per uno che tra le fiamme ci stava morendo. «In realtà – ci spiega – la mia fortuna, se proprio vogliamo chiamarla così, è che non ricordo nulla di quell’evento. Stavo dormendo e sono svenuto. Non ho immagini visive delle fiamme. Non ricordo situazioni di terrore, né il dolore delle ustioni. Mi rendo conto di aver affrontato un grosso incidente, però il mio cervello lo ha totalmente eliminato».
È dal 2017 che Martino fa il pompiere volontario. Il suo primo intervento lo ricorda molto bene. «Era il 2020 e mi chiamarono per intervenire proprio in un incendio. Stava bruciando il bar situato in via Ginevra a Lugano. Ero agitatissimo. Non sapevo cosa poteva attendermi, avevo le palpitazioni a mille. Poi, una volta sul posto, tutto è filato liscio».
Quest’anno Martino ha partecipato al concorso indetto dalla Città e spera di entrare a tutti gli effetti nel Corpo civici pompieri di Lugano. «Ho un forte desiderio di aiutare le persone in difficoltà, così come è stato fatto con me la notte in cui mi hanno messo in salvo. Io devo dire grazie ai pompieri che mi hanno salvato, ma devo dire grazie anche alla vita e lo faccio con questa scelta di aiutare gli altri. Aiutare chi è rimasto sotto una valanga, o chiuso in un ascensore, o bloccato tra le fiamme di un incendio».