Il clamoroso caso (ri) portato alla luce da syndicom e dall'USS rappresenta la punta dell'iceberg: «Basta ingiustizie. Si cambi la legge».
BELLINZONA - Rappresenta solo la punta dell'iceberg. Ma è un caso emblematico di come le normative in caso di licenziamento vadano cambiate in Svizzera. È la storia (ri) portata alla luce nella mattinata di oggi, mercoledì, alla Casa del Popolo di Bellinzona da parte di syndicom, sindacato dei media e della comunicazione e dall'Unione sindacale svizzera (USS). La lunga lotta di una giovane madre postina che aveva come unico obiettivo quello di conciliare famiglia e lavoro. Una signora che tra l'altro era anche rappresentante del personale e che in seguito a queste richieste ritenute inadeguate è stata licenziata.
Le lacune – A confermare l'abusività del licenziamento sarebbero stati, in ben due casi, i tribunali ticinesi. E qui emergono le lacune, come spiega Marco Forte, responsabile di syndicom per il Ticino e il Moesano. «Nonostante le clausole contenute nel contratto collettivo di lavoro de La Posta, il datore di lavoro non è tenuto a reintegrare la donna»
La vicenda specifica – Per capire meglio la storia, è utile riportare uno stralcio della lettera scritta dalla stessa postina ticinese. «La mia battaglia è iniziata nel 2016 quando ho chiesto al mio responsabile di organizzare i giri di recapito per potere terminare il lavoro alle 12.30 e andare a prendere la mia bambina all’asilo nido. Lavorando al 60% e iniziando alle 7 del mattino potevo tranquillamente svolgere le ore previste dal contratto. A livello organizzativo non vi erano problemi in quanto nel recapito lettere non ci sono orari fissi. Ma a La Posta non andava bene perché voleva il massimo della flessibilità. Ho continuato a insistere perché ritenevo questo punto importante non solo per me, ma per tutte le donne».
Si voleva evitare un precedente – La Posta non avrebbe voluto accontentare le richieste della signora per evitare di creare un precedente. «E così – riprende Forte – la giovane donna e madre è stata licenziata. A nulla sono servite le lettere scritte alla direttrice de La Posta di allora, Susanne Ruoff, o le azioni organizzate dal sindacato syndicom, come un flash mob con i passeggini davanti all’ufficio postale di Lugano nel giugno 2017».
Un sistema debole? – La questione pone l'accento sulla debolezza della tutela contro il licenziamento in Svizzera. «Le lacune della legislazione svizzera sono enormi – sostiene Matteo Antonini, responsabile del settore logistica per il sindacato –. La Svizzera è addirittura sulla lista nera dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Proprio a causa di questo motivo. Lo troviamo vergognoso. Ed è ancora più vergognoso quando il datore di lavoro è un'azienda legata alla Confederazione come nel caso de La Posta. I lavoratori in Svizzera sono esposti all'arbitrarietà e alla superiorità del datore di lavoro».
«Continueremo a batterci» – Presente alla Casa del Popolo anche Chiara Landi, presidente delle donne Unione Sindacale Svizzera (USS) Ticino e Moesa: «Il Consiglio federale deve agire. Vogliamo provvedimenti concreti da parte dei politici e dei datori di lavoro. Le donne dell’USS-TI rimarranno al fianco di questa postina. Ci batteremo con lei e con tutti gli altri lavoratori e lavoratrici fino a quando queste ingiustizie cesseranno e fino a quando non si concretizzerà l’iniziativa contro i licenziamenti senza giusta causa su cui l’USS sta lavorando e che ben presto vedrà la luce».
Le carenze – Secondo syndicom le carenze della legge svizzera in materia di tutela contro il licenziamento sarebbero molteplici. Forte fa notare: «Innanzitutto le sanzioni, con un massimo di sei mesi di salario per licenziamento antisindacale, non costituiscono un deterrente per il datore di lavoro. E non hanno carattere riparatorio. Inoltre, il Codice delle Obbligazioni non prevede il reintegro o la nullità del licenziamento».
«Il Consiglio federale intervenga» – «Questa è una grave lacuna che deve essere colmata – sostiene il segretario centrale di syndicom Matteo Antonini, responsabile del settore logistica –. Alcuni contratti collettivi prevedono dei paletti e delle protezioni a uno stadio embrionale, che però risultano essere insufficienti. La maggior parte dei salariati in Svizzera non è coperta da contratti collettivi. Da tempo, perciò, l’USS rivendica una modifica del Codice delle Obbligazioni per porre rimedio e rispettare così le convenzioni stabilite dall'Organizzazione internazionale del lavoro. Per questo, syndicom e USS chiedono che la sanzione per gli abusi sia aumentata ad almeno 24 mesi di salario. Infine, il giudice deve poter ordinare il reintegro se il lavoratore lo desidera. Tocca al Consiglio federale l’obbligo di far rispettare i trattati internazionali ratificati dalla Svizzera».
La "non entrata in materia" – «Durante l’ultimo rinnovo contrattuale con la Posta - ha spiegato Antonini - il sindacato syndicom si è battuto per ottenere il ripristino di una norma che prevedeva il reintegro in caso di licenziamento abusivo. La conferma di non entrata in materia da parte del datore di lavoro per il caso della postina ticinese è arrivata nei giorni scorsi, il che dimostra una volta di più la necessità di una riforma legislativa».