I video virali su presunti interventi bruschi della polizia si moltiplicano. Il sindacalista Giorgio Fonio: «Mostrano una verità parziale».
BELLINZONA - «Penso sia giunta l'ora di piazzare una body cam su ogni agente». Giorgio Fonio, segretario del sindacato OCST funzionari di polizia e granconsigliere, pensa addirittura all'atto parlamentare. Il tema è di strettissima attualità. A confermarlo è l'ennesimo video virale che ritrae poliziotti in azione con interventi bruschi. L'ultimo caso è legato a Chiasso.
Fonio, non è un po' esagerata come proposta?
«No. In questo modo si vedrebbe l'intervento del poliziotto dall'inizio alla fine. I video girati con lo smartphone invece mostrano spesso una verità parziale che evidenzia magari unicamente l'irruenza della polizia. Chi lo vede non sa cosa è successo prima e cosa sta realmente accadendo. Così come non può rendersi conto del grado di pericolosità dell'intervento».
Di questo trend digitale si parla ormai da tempo. Filmare abusi di polizia può anche essere utile però. Non pensa?
«Certo. E se un poliziotto sbaglia, è giusto che si assuma le proprie responsabilità. Come capita in ogni settore professionale. Siamo i primi a dirlo. Ma nella stragrande maggioranza dei casi non si tratta di abusi. Bensì di interventi necessari. Questo fenomeno sta diventando un problema. Avete visto gli ultimi video in circolazione legati a presunti interventi inadeguati da parte della polizia? Li avete sentiti i commenti in sottofondo? C'erano insulti agli agenti da parte di ragazzini che assistevano alle scene».
C'è esasperazione in polizia?
«Sì. E non si tratta solo di filmati col telefonino. Un dato è indicativo. Nel 2000 il numero delle aggressioni a funzionari di polizia sfociate in una condanna ammontava a 7 in un anno. Nel 2021 è salito a 36. Ed è solo la punta dell'iceberg. Tanti poliziotti magari vengono insultati o denigrati, qualcuno magari riceve anche uno sputo in faccia, e non fanno denuncia. Magari per non stare in ballo con procedimenti giuridici che andrebbero per le lunghe».
Non è una situazione paradossale quella che sta descrivendo?
«Lo è eccome. A livello di formazione si insiste molto su come avere un buon rapporto col cittadino e su come gestire i momenti delicati. Ma è chiaro che qualcosa nella società sta cambiando. La polizia rappresenta lo Stato. Chi attacca la polizia, di fatto colpisce l'autorità. E questo è allarmante».
Torniamo ai video realizzati con gli smartphone. A volte sono importanti anche per la polizia. Arma a doppio taglio?
«Con un video tu puoi generare un forte impatto nella vita di una persona. Filmi 30 secondi di un intervento duro ma corretto e necessario e poi lo fai circolare. Nessuno chiede una licenza per agire senza regole. In primis non lo vogliono gli agenti. I poliziotti però hanno anche una famiglia, una vita privata. Vivere con questa pressione costante addosso è malsano».
Per questo sta valutando l'idea della videocamera incorporata sulla divisa?
«Sì. In questo modo di fronte a uno scandalo mediatico si può perlomeno avere una visione dei fatti completa. Dall'inizio dell'intervento. Altrimenti si rischia di avere una polizia che ha quasi paura di intervenire, che lavora col freno a mano tirato e col terrore di essere ripresa da uno smartphone».
L'idea è davvero concretizzabile?
«È in atto una sperimentazione in tal senso nel Luganese. E i risultati sembrano essere positivi. La body cam tutelerebbe tutti. Sia il poliziotto, sia la persona sui cui si interviene».