Un espresso lo finiamo in pochi sorsi, senza mai soffermarci su cosa ci sia dietro. L'esperienza di un giovane ticinese
CURIO - Nel Malcantone la passione di due fratelli ha portato alla nascita di un’azienda che si occupa di tostare, macinare e spedire nelle case dei ticinesi un caffè che si vuole differenziare dalle grandi produzioni.
Per capire cosa spinge qualcuno a lanciarsi nel mondo della famosissima bevanda siamo andati a trovare Yanik, il proprietario di 30 anni, alla sua Torrefazione di Curio. Come detto, lavora solo con il fratello, e il suo entusiasmo si nota già dalle prime chiacchiere che scambiamo all’esterno dello stabile.
«Tutto è partito per passione 10/12 anni fa, sono rimasto stregato dai processi di estrazione dell’espresso. Poi mi sono trasferito a Londra e sono entrato in contatto con delle realtà che offrivano un caffè fresco di tostatura, più artigianale e con una qualità molto superiore. La curiosità si è trasferita quindi verso la materia prima e la torrefazione, e ho iniziato a leggere libri, guardare video, seguire dei corsi specifici e fare dei viaggi».
Anni di studio ed esperienze che lo hanno reso un vero e proprio conoscitore di tutto ciò che ruota attorno alla tanto amata bevanda. Ci parla di centinaia di aromi diversi. Da esperto, gli chiediamo se assaggiando un caffè riesce a scoprirne le caratteristiche? «Si riescono a scoprire tantissime cose che si celano dietro la materia prima. In primis se è la qualità che si sta cercando, se ha il potenziale aromatico che si vuole offrire alla clientela, e anche in che modo dev’essere tostato». Ma Yanik sta ancora affinando le sue conoscenze: «Ora sto seguendo il CAS all’Università di Zurigo (ZHAW) “Coffee Excellence”, che tocca tre aspetti: coltivazione, tostatura ed estrazione».
«La chiave? La materia prima»
Appena entrati nella torrefazione, le narici vengono assalite dagli odori, e passiamo tra sacchi di iuta pieni di chicchi, confezioni e macchinari pronti all’uso. Non mancano cimeli di tempi ormai andati. «Qui copriamo tutti gli aspetti che hanno a che vedere con la tostatura» - il processo di “arrostitura” con cui il chicco, ancora verde dopo essere stato raccolto, diventa pronto al consumo.
Restiamo affascinati da un mondo che cela molto più di quanto si pensi. Per questione di sostenibilità, i due fratelli tostano solo il necessario per coprire le richieste dei clienti. Anche perché avere del caffè fresco di tostatura «è una tendenza che, negli ultimi anni e con l'utilizzo dei rivenditori, è andata persa. È un vero peccato», sospira il giovane.
Dal mondo alle tazzine
Guardandoci attorno, tra illustrazioni e manuali, scopriamo il mondo delle coltivazioni, delle piante e delle infinite possibilità a livello di gusto. Sorge quindi una domanda: come fa un'azienda artigianale, di famiglia, a differenziarsi da un caffè qualsiasi, preso al bar? «Puntando sulla materia prima. Noi ad esempio facciamo una ricerca più mirata per trovare un caffè con una qualità superiore. Inoltre, utilizziamo macchinari che ci permettono di fare micro aggiustamenti durante le varie fasi della tostatura, per risaltare il potenziale della materia prima» afferma Yanik, offrendoci degli assaggi per carpire dettagli olfattivi e di gusto su cui mai ci saremmo soffermati.
Una materia prima che... arriva da dove? In alcuni viaggi all’estero Yanik ha conosciuto dei cosiddetti trader, che sono coloro da cui le torrefazioni - che siano piccole o grandi - comprano il caffè. I chicchi possono arrivare da Brasile, India, Colombia, Timor… e da altri luoghi, che il nostro interlocutore sceglie testando dei campioni e valutando molti aspetti: tipologia di pianta, altitudine, tipologia di raccolto, metodi per processarlo e così via. Un lavoro di selezione tutt'altro che evidente. Mentre Yanik si china sui macchinari, con un sorso finiamo un'ultima tazzina che ci ricorda quasi un té, e con essa termina il nostro viaggio nel mondo del caffè artigianale. Senza amaro in bocca.