Molte aziende agricole riconvertono gli allevamenti. Il latte non rende più, adesso è il mercato della carne che tira.
CHIGGIOGNA - Da tredici sono diventati trentanove e la tendenza sembra destinata a fare proseliti fra gli allevatori. Di quale tendenza stiamo parlando? Di quella che ha come teatro le stalle e di un cambio che sta avvenendo al loro interno di "destinazione d'uso" delle mandrie: da mucche da latte a quelle da carne.
Il latte non rende più e la legge del mercato la fa la carne - Non bisogna andare troppo al largo di chissà quali teoremi o spiegazioni per cercare le ragioni reali di quella che - vale per qualsivoglia attività produttiva - in gergo si chiama semplicemente riconversione, che è quasi sempre dettata da ragioni di bilancio e da ciò che richiede la piazza commerciale: il latte non rende più, adesso è la carne che mantiene vive le casse degli allevatori.
«D'altronde con il prezzo di 70 centesimi al litro in estate e fra i 48 centesimi e i 50 d'inverno che viene pagato agli agricoltori, si può ben comprendere questo cambio di indirizzo operato dalle aziende» dice Omar Pedrini, presidente dell'Unione dei Contadini Ticinesi.
La carne fa guadagnare di più e dunque molti cambiano strada seguendo le legge del va' dove ti porta il mercato.
«Il guadagno non è soltanto riferibile al differente peso economico delle due tipologie di allevamento - argomenta Pedrini - perché c'è anche il fatto che allevare mandrie da carne richiede meno lavoro rispetto a quelle da latte, pensiamo per queste ultime ad esempio alla sola fase della mungitura e al tempo che richiede: questo risparmio di attività ti consente di dedicarti ad altre mansioni ovviamente che danno una remunerazione e apportano beneficio economico alla tua azienda».
Un bovino raggiunge i 400-450 chili dopo un anno. All'agricoltore vanno tra i 15 e i 16 franchi al chilo - Per fare raggiungere a una mucca un peso che oscilli tra i 400 e i 450 chili serve un anno: «All'allevatore il bovino viene pagato 15-16 franchi al chilo - spiega Pedrini - e la macellazione avviene oltre il Gottardo: la carne poi ritorna in Ticino per essere immessa nella distribuzione. Le stesse aziende oltre Gottardo destinano all'estero solo le parti meno nobili delle nostre manze».
Una questione di politiche agricole. Parole d'ordine: qualità e sostenibilità ambientale - La politica della Confederazione del resto mira a preservare sempre di più il prodotto autoctono e le parole d'ordine che riecheggiano dalle stanze dove si decidono le politiche agricole hanno sempre più a che fare con qualità e sostenibilità ambientale.
«I nostri allevatori sono particolarmente sensibili a questo aspetto - dice ancora Pedrini - si privilegia il pascolo all'aria aperta e quindi un tipo di alimentazione che viene data dalla natura».
L'aumento delle vacche nutrici in Svizzera: da 120 a 140 mila - La riconversione in atto nelle stalle ticinesi fa il paio con quello che sta accadendo nel resto della Svizzera: da un rapporto stilato da Proviande, si nota come dal 2012 al 2021 il numero di vacche nutrici sia passato da 120'000 a 140'000. Come nelle altre regioni della Confederazione, oltre ai numeri anche in Ticino è mutato lo scenario delle razze presenti sui pascoli.
Le razze: Aberdeen Angus in montagna, la Charolais in pianura - L’erba fresca dei prati svizzeri di montagna «è il foraggio perfetto per la razza Aberdeen Angus - racconta Pedrini - mentre in pianura prevalgono manzi e manze di razza Charolais. Sono due tipologie di animale con un loro bisogno specifico di ambiente».