Giada Frigerio, 33 anni, lancia un appello dall'India: «Costruiamo insieme un centro calcistico per i ragazzini fuggiti dal Tibet».
ARBEDO-CASTIONE - «Il mio sogno è quello di dare una mano a costruire un campo di calcio e una struttura di formazione per i ragazzi rifugiati tibetani che si trovano in India». L’appello arriva dalla città di Rishikesh. A lanciarlo è Giada Frigerio, 33enne di Castione. Una viaggiatrice solitaria ticinese che col Paese asiatico ha un legame particolare. Non solo perché è appassionata di yoga. «Ci ero tornata per portare materiale veterinario. Volevo dare il mio sostegno a un progetto animalista».
«Una perdita di tempo» – Giada però si è ritrovata di fronte anche un’altra nobile causa. Dopo avere conosciuto Sam, il portiere della nazionale di calcio tibetana. «È una nazionale particolare. Composta da persone fuggite dal loro Paese. Esiliate. E infatti non è nemmeno riconosciuta dalla Federazione internazionale. Il popolo tibetano soffre ancora per la guerra nella loro terra. In un contesto del genere il calcio è visto come una perdita di tempo, qualcosa che non può dare alcun futuro».
«Circa 16'000 franchi» – Ed è proprio per questo che Giada ha deciso di appoggiare Sam nella sua sfida. Realizzare un centro sportivo, con tanto di accademia, per i giovani calciatori tibetani in esilio nella regione di Mungod, sempre nel nord dell’India. «È il luogo in cui è nato Sam. Un posto in cui ci sono tantissimi profughi tibetani. Abbiamo il terreno. Ma ci sono tanti lavori da fare. È partita la raccolta fondi (per i dettagli cliccare qui): serve l’equivalente di circa 16'000 franchi. Le cose in India vanno al rilento. È dunque indispensabile raccogliere questa somma al più presto. Per iniziare a dare un futuro a questo progetto».
«Una vita più facile» – La 33enne del Bellinzonese, che ha avuto una formazione nel ramo artistico e che è molto interessata alla meditazione e alla spiritualità, è una giovane donna determinata. Con lo zaino in spalla gira il mondo. Cercando di conoscere le realtà più disparate. «Oggettivamente questo mio itinerare mi ha aiutata a capire quanto la mia vita sia stata facile rispetto a quella di altre persone cresciute in altre parti del pianeta. Aiutare il prossimo è un segno di gratitudine verso quanto ho ricevuto».