Fronti opposti sulla decisione di abbattere 12 branchi di lupi sui 32 presenti in Svizzera.
L’abbattimento di 12 branchi di lupi sui 32 in cinque cantoni presenti in territorio svizzero, con fortissime restrizioni per il Ticino, suscita moltissimi dubbi in Armando Donati, presidente dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori.
«A livello svizzero è stato fatto un passo nella giusta direzione perché su 32 branchi si è deciso di abbatterne 12, ovvero il 37%. Si tratta di una azione corretta e compiuta nella giusta strada. Non altrettanto si può dire per il Ticino. Qui ci sono 3 branchi con cuccioli e 3 copie, e le coppie l’anno prossimo avranno cuccioli. Quindi nel 2024 quando riprenderanno gli alpeggi e ci saranno gli animali al pascolo avremo 6 branchi attivi», spiega Donati.
La richiesta di intervenire «sul branco in val Onsernone poteva essere una via adeguata che invece non è stata valutata correttamente. Fino al 2019 in Ticino c’era un solo branco in Val Morobbia e alcuni esemplari vaganti. Ciò comportava, secondo i dati dell’Ufficio dell’Ambiente, 5 o 6 attacchi in media di lupi nel 2019. Nel 2023 sono stati registrati ben 60 attacchi. E i capi predati, fino a oggi, sono 151 più altri 60 dispersi. Superiamo quota 200. La situazione è fuori controllo, non capisco perché non si sia deciso diversamente, tipo eliminando un branco e regolando gli altri. Quello in val Onsernone era papabile e, nell’estate scorsa, predò 20 capi», spiega Donati che interviene anche su un altro punto significativo.
«Quando si parla del fatto che non si sono verificate negli ultimi dodici mesi predazioni in situazioni protette, si commette un errore. Questo perché ci sono sempre più alpeggi che per la loro collocazione non sono proteggibili. O magari non ci sono sufficienti mezzi per renderli sicuri. In questi casi come facciamo?».
Un ultimo riferimento è infine a quanto accade nel Luganese. «La situazione è a rischio: il territorio non è molto vasto e ci sono due branchi e due coppie che si muovono. Ben presto diventerà emergenziale intervenire in qualche modo», conclude Donati.
Decisamente molto scettica e anche pronta a dare battaglia è Silvia Gandolla, responsabile grandi carnivori del WWF. «Questo approccio generalista non produrrà gli effetti sperati perché secondo l’ordinanza, la regolamentazione dei lupi dovrà intervenire laddove non siano adeguatamente protetti gli animali e le greggi. Purtroppo però non tutti i territori sono simili, a partire proprio dal Ticino. Inoltre eliminare interi branchi apre a un ulteriore rischio: non si sa come si potrà ripopolare la zona dopo l’abbattimento. Sempre meglio vigilare».
Cosa fare appare molto chiaro. «Bisogna investire e puntare sul rafforzamento delle protezioni per i terreni dove sono presenti animali. Si potrà magari intervenire con dei prelievi proattivi ma sempre guidati da un senso obiettivo e scientifico, laddove ci si trovi realmente dinanzi a concrete emergenze». Tutte attività dunque necessarie per tutelare allevatori e lupi.
«Nel frattempo però noi, insieme alle altre associazioni animaliste - aggiunge Gandolla - vigileremo sul rispetto di quanto stabilito. Analizzeremo ogni singolo dossier di ogni singolo cantone e affideremo tale supervisione anche a un giurista. E laddove dovessero emergere irregolarità, siamo pronti a fare ricorso». Infine sul fronte ticinese «il lavoro sulle protezioni dovrà essere ancor più efficace e capillare. Ci sono infatti zone dove è molto difficile e molto costoso poter intervenire. Ed è giusto che non siano gli allevatori da soli a dover proteggere i propri capi di bestiame».