Non mancano gli attacchi alle Autorità: «Lo sgombero? Una chiara vendetta operata con il benestare del Municipio». Bühler: «Ora basta»
LUGANO - «Mentre le viscere maledette delle macerie dell’ex macello tornano a galla ancor più nauseabonde e infettate che mai, con tutti i loro strascichi di menzogne, inganni e manipolazioni, ci riprendiamo, il tempo delle feste, un ennesimo spazio abbandonato». Rimestano vecchi attriti e promuovono rinnovati intenti le parole arrivate nella notte e inviate dagli stessi autogestiti che, nella serata di ieri, si sono ritrovati per una protesta all’ex locale Le Cap, a Capo San Martino. Un po' come accadeva esattamente un anno fa, quando però si riunirono per occupare l'ex Caritas a Molino Nuovo.
Nei nuovi intenti, per la precisione, la volontà di «occupare immaginari». Ma prima di snocciolare i programmi futuri, gli autogestiti non hanno mancato di fare cenno alla questione legale (ancora aperta) relativa alla demolizione avvenuta ormai tre anni fa: «Non che ci stupisca più di quel tanto il nuovo tentativo di insabbiare la verità sullo sgombero e la distruzione della parte abitativa del CSOA il Molino. Dimostra ancor di più come l’apparato militare utilizzato non sia frutto del caso, dell’azzardo o di una comunicazione claudicante. E ben che meno per garantire l’incolumità delle e degli occupanti (sic!). No, l’azione, come da subito sostenuto, è stata una chiara vendetta pianificata nei dettagli, operata con il benestare del municipio di Lugano (o almeno del suo sindaco e della parte leghista), diretta dal comando della polizia cantonale e immaginiamo supervisionata dal responsabile del dipartimento giustizia e polizia Norman Gobbi. D’altronde gli ipotetici morti e feriti paventati nel caso del probabile sgombero violento con ore di scontri (Stato Maggiore dixit) non potevano non essere conosciuti da colui che si auto nomina “capo” delle forze dell’ordine in Ticino» recita il comunicato.
Si passa quindi al resoconto della manifestazione natalizia e ai programmi futuri: «Con un denso programma di attività in collaborazione e complicità con varie realtà, associazioni e individualità, liberiamo e ridiamo alla popolazione l’ennesima struttura abbandonata da anni, in stato deplorevole e in mano alla lunga catena della speculazione edilizia. E se l’hotel Fisher proponemmo potesse essere adibito a casa per persone in fuga da guerre, miseria e catastrofi, proponiamo per la struttura di Capo San Martino un laboratorio permanente di attività culturali con mensa popolare usufruibile da tutti e con attività ricreative-sportive sul lago. Come sempre basterebbe solamente volerlo. Ma...».
«Non che gli spazi manchino - fanno notare gli attivisti - . In tre anni, dallo sgombero, questo è il settimo spazio ripreso e collettivizzato: l’ex macello due natali fa, l’ex Caritas a Molino Nuovo, lo stabile di via Ernetto a Pregassona, il parco per il campeggio antimilitarista a Massagno, le ex scuole a Viganello, l’hotel Fisher e ora lo stabile a Capo San Martino. E tutti, inutile dirlo, giacciono ancora nell’incuria e nell’abbandono, in attesa degli strabilianti mega progetti e poli di chi più ne ha più ne metta della città di Lugano. Quella che per prima al mondo dichiarò Gerusalemme come capitale legittima dello Stato d’Israele, dopo aver ospitato la criminale di guerra Tzipy Livni».
Per l'SOA il Molino la lista di altri nomi e spazi potrebbe continuare. «Ancora una volta gli stabili ci sono, sono vuoti, lasciati a deperire e l’interesse a rianimarli e rimetterli a disposizione della comunità per creare altro non esiste». Insomma, per gli attivisti «manca la volontà politica nel trovare una soluzione». Questo nonostante il Molino abbia «da sempre rivendicato uno stabile».
Quindi la conclusione: «In tempi di guerre permanenti e attacchi ai popoli del mondo, spazi autogestiti per abitare mondi altri. In tempi di femminicidi, abusi e violenze, spazi da condividere per costruire relazioni altre. In tempi di tagli, riduzioni, decreti “demmerda”, spazi dove costruire scambi non mercificati. In tempi di frontiere blindate e delirio securitario, spazi d’incontro dove parlare, giocare, mangiare assieme. In tempi di disastri climatici, spazi dove coltivare, piantare e autoprodurre un buen vivir collettivo e individuale. In tempi di controllo, razzismi e fascismi di ritorno, spazi intergenerazionali dove raccontarsi e raccontare e prendersi cura l’uni degli altri. 10-100-1000 spazi per tessere fili e spezzare ramine, dove vivere e crescere, dove organizzarci e dove opporsi a soprusi, violenze, esclusioni, tagli, divieti, diffide, multe, incarcerazioni, sistemi a cascata, controlli e imposizioni. Non ci avrete mai come volete voi. Libertà a autodeterminazione per il popolo palestinese. Ilaria e Gabri liberi».
La reazione di Alain Bühler
L'occupazione natalizia non ha tardato a suscitare reazioni, come quella di Alain Bühler, presidente dell'Udc Lugano: «Per quanto ancora le Autorità si faranno prendere per il naso da questo gruppo di individui? Per quanto ancora li lasceremo calpestare le regole e le leggi che i cittadini luganesi sono chiamati a rispettare pedissequamente? È con individui simili che il Municipio "dialoga"?», si legge in uno sfogo affidato ai social. «Che nessuno si azzardi a uscire con dichiarazioni come "gli occupanti si stanno comportando relativamente bene". Questo non è "comportarsi bene"! Questo è sputare in faccia alle Autorità e ai luganesi! Se è questa cultura alternativa con cui il Municipio confida di poter proseguire un dialogo, l'UDC non ci sta!», prosegue Bühler. «Questo tipo di attività non deve più trovare spazio a Lugano. Basta con i due pesi e due misure. Chi agisce nell'illegalità non deve ricevere comprensione, dialogo, supporto e sostegno. Ciò che vale per ogni cittadino luganese che commette illeciti deve valere anche per costoro. E non dovrebbe essere un solo partito a sottolinearlo, ma tutti». Quindi la conclusione con un annuncio: «L'Udc presenterà una mozione sul tema a breve. Poi si conteranno i voti in Consiglio comunale».