È il dubbio che emerge da "Servito a zero", portato in scena da Gianluca Grossi. Uno spettacolo che spezza il mito del reporter di guerra.
BLENIO - Dopo l’exploit di Ascona, ora salirà sul palco del Cinema Teatro Blenio di Acquarossa. Il reporter di guerra Gianluca Grossi porterà in scena il suo “Servito a zero”, monologo che sta suscitando discussione per i temi sollevati. L’appuntamento è per sabato 13 gennaio alle 20.30. Con Grossi, i musicisti Danilo e Francesco Boggini.
Partiamo dall’incipit. Un vecchio reporter di guerra sta per ricevere un premio “alla carriera” da un’accademia.
«A quel punto il protagonista entra in crisi. Inizia a farsi domande sulla reale utilità di quanto ha fatto professionalmente. Si chiede se sia giusto essere premiato solo per avere mostrato e raccontato la guerra. Un premio sarebbe giustificato solo se con il suo lavoro avesse reso impensabile la guerra».
Riflessioni profonde. Ossessive.
«Sì. A tal punto che non si capisce più quando finisce la realtà e quando inizia la follia. Una cosa è certa: il protagonista ritiene ipocrita questo premio».
Quanto c’è di autobiografico in questo spettacolo di cui lei è autore?
«Non rifiuto la possibilità che il pubblico veda in questo personaggio Gianluca Grossi. Per un reporter è difficile concludere che di fronte alla guerra non si possa fare nulla. Psicologicamente è complicato accontentarsi».
Un reporter di guerra però ha come compito riportare i fatti. Non salvare il mondo.
«È vero. Ma è un po' come se un medico si accontentasse di fare una radiografia a una gamba fratturata per consegnarla alla storia della medicina, congedando il paziente con un “Mi spiace, ma io di più non posso fare"».
Attualmente "ci interessano" maggiormente le guerre in Ucraina e nella Striscia di Gaza.
«La vicenda della Striscia di Gaza sembra ripetersi. Io l'ho raccontata più volte. Sebbene i numeri dei morti siano diversi, resta una realtà già vista in passato. Questo fa pensare. Ti chiedi: a cosa sono servito? A cosa sono serviti i miei colleghi, quelli che lì sono stati uccisi dalle bombe?»
Il protagonista della pièce vive una sensazione di smarrimento proprio per questo.
«Sì. E alla fine dello spettacolo deciderà di ricorrere a un gesto scandaloso. “Servito a zero” spezza il mito del reporter di guerra. La gente ti chiede: hai mai avuto paura? Dieci, cento, mille volte. Perché non chiede: che fine hanno fatto le persone di cui hai raccontato l’esistenza durante gli anni da inviato? Non è una situazione facile da gestire».