Secco no sia ai 300 franchi che ai "200 bastano"
LUGANO - Non vogliono sentire parlare di un canone a 300 franchi e nemmeno di chi dice che "200 bastano". L'Acsi, l'associazione delle consumatrici e dei consumatori della Svizzera italiana, scende in campo a favore del mantenimento della tassa di ricezione attuale.
«Negli ultimi anni il canone a carico delle economie domestiche è stato ridotto del 25% circa - scrivono in una nota - la proposta contenuta in questa revisione, di ridurlo ulteriormente da 335 a 300 CHF, implicherebbe per le economie domestiche un risparmio di soli 0.10 CHF al giorno. Un dato in netto contrasto con l’argomento avanzato dal Consiglio federale riguardo a un alleggerimento delle economie domestiche colpite dall’inflazione. Per la SSR tale riduzione sarebbe invece sensibile».
Questo - ricorda l'associazione - dopo che «il popolo svizzero ha da poco respinto nettamente NO BILLAG». La Svizzera - sottolineano - è una “Willensnation”, «un Paese basato sulla volontà di quattro popoli (oggi molti di più) – con lingue e culture ben distinte – di convivere per il bene comune. È nell’interesse principale del Paese che la SSR ottemperi al suo mandato - argomentano - favorendo l’informazione e la cultura nelle quattro lingue nazionali, in modo capillare sul territorio».
La voce delle minoranze, secondo loro, «non avrebbe altro modo di formarsi e di arrivare a Berna, garantendo il proprio prezioso contributo alla crescita della Confederazione. Con minori introiti, la SSR dovrebbe gioco forza venire meno a questo fondamentale ruolo di “coalizzatrice nazionale”, che ha ovviamente un costo più elevato rispetto alle radiotelevisioni pubbliche di altri Paesi centralizzati».
Ma c’è anche una ragione che va al di là del patriottismo per la quale l’ACSI ritiene non debba essere assolutamente indebolita la SSR: il giornalismo di qualità e i programmi culturalmente validi costano. «Un’informazione verificata e indipendente necessita di professionisti formati e di mezzi tecnici e finanziari elevati - dicono - la concentrazione dei media in Svizzera e le difficoltà legate all’autofinanziamento, con la pubblicità che migra sempre più su internet e la pressione di grossi gruppi esteri, indicano uno scenario inquietante». Temi e contenuti - avvertono - rischiano «di essere determinati dall’interesse delle aziende, anziché dall’interesse pubblico, che è alla base del processo democratico. Per sostenere un’economia sana e uno Stato di diritto forte, i consumatori necessitano di informazioni fondate e indipendenti».
L’ACSI è contraria anche «all’esenzione dal pagamento del canone delle aziende con una cifra d’affari tra 500'000 e 1,2 milioni di franchi. Queste aziende possono usufruire di tutti i servizi offerti dalla SSR. Inoltre, il costo del canone per un’azienda con una cifra d’affari tra i 500'000 e i 750'000 franchi è di 160 franchi, che corrisponde allo 0,026% su una cifra d’affari di 625'000 franchi: una percentuale e un importo più che sostenibili. L’esenzione proposta interesserebbe 59'385 aziende e genererebbe un buco di circa 11,8 milioni di franchi all’anno sul totale complessivo del gettito del canone per la SSR».
Per ACSI «sarebbe anzi auspicabile un aumento sostanziale del contributo delle aziende. Non è più giustificabile - dicono - che siano anche in futuro le economie domestiche, anziché le aziende, a sostenere il carico maggiore di quello che è a tutti gli effetti un onere fiscale. L’ACSI richiede quindi di aumentare considerevolmente l’importo del canone pagato dalle aziende e alleggerire le economie domestiche, senza modificare la portata finale degli introiti per la SSR»