Ecco "Le tre porte", uno spettacolo che promuove un linguaggio inclusivo e che non mancherà di suscitare dibattito.
LUGAGGIA - Cosa è giusto dire e cosa no? Nell'era del politicamente corretto il tema è di quelli che sollevano polveroni. A portarlo sul palco da questo weekend è l'associazione culturale Lumina di Lugaggia. L'attrice Aglaja Amadò spiega: «Le parole possono ferire profondamente. E noi prima di partire abbiamo fatto un sondaggio in diverse classi delle scuole medie. È emerso che i ragazzi a volte dicono insulti irripetibili. Parole tremende e volgari».
Quelle scritte nel bagno – Taty Rossi, Igor Mamlenkov e, appunto, Aglaja Amadò. È il trio di artisti che coordinati dalla regia di Viviana Gysin mette in scena "Le tre porte". «I protagonisti – dice la regista – sono tre ragazzi delle scuole medie che si ritrovano in un bagno. Confrontati con le scritte offensive che spiccano sulle porte».
«Mettetevi nei panni di chi avete di fronte» – Il rispetto verso il prossimo. L'inclusione. Ma anche il politicamente corretto. Di conseguenza capita che termini come "diversamente abile", "secchione", "sei un impedito" o "persona di colore" possano risultare irrispettosi. Ma è davvero così? «Sì – dice Taty –. Bisogna sempre mettersi nei panni della persona a cui ci si rivolge. Anche fare i complimenti a uno straniero su come "parla bene l'italiano" può essere offensivo. Si dà quasi per scontato che, solo perché ha tratti somatici differenti, questa persona debba parlare male la lingua del posto. Ciò che poteva essere accettabile anni fa, oggi non lo è più. Il buonsenso deve vincere sempre».
Etichette – La compagnia ritiene potenzialmente razzista anche il termine "cinesata" solitamente abbinato a un oggetto di breve durata. La motivazione? «Si dà per assodato che tutto ciò che viene prodotto in Cina sia di scarsa qualità – fa notare la regista –. Viene comunque data un'etichetta a prescindere dalla conoscenza della realtà».
Il contesto – «Ovviamente – puntualizza Igor – dipende sempre anche dal contesto in cui una parola viene detta. Se un amico ridendo ti dice "ciccione", ed è un po' in carne anche lui, allora è un conto. Se te lo dice qualcuno per strada giudicandoti per il tuo aspetto è un altro discorso invece. Non vogliamo demonizzare nulla. Il nostro è un invito alla riflessione sul peso delle parole».
Violenza verbale – Aglaja ammette: «Purtroppo molti giovani sono vittime di violenze verbali. E non sanno a chi rivolgersi per uscire dal loro incubo. Ecco perché c'è un'urgenza di portare in scena questo spettacolo». Taty aggiunge: «Va anche sottolineato che in Ticino esiste proprio uno sportello contro le discriminazioni. È a Lugano, in Via Simen 10. Lì chiunque può raccontare i propri vissuti, trovando professionisti pronti a valutare ogni singolo caso».
«Sbagliare con coscienza» – A volte il confine tra ironia e insulto può essere davvero sottile. Portando in scena uno spettacolo del genere non si rischia di creare confusione o inutili sensi di colpa? Viviana Gysin non crede. Anzi. «Noi vogliamo fare passare il messaggio che va benissimo sbagliare. Ma con coscienza. Confrontandosi. Ridendoci magari su. E trovando insieme espressioni che vadano bene a tutti e che non offendano nessuno. È in questo modo che si costruisce una società civile. Ed ecco perché da settembre vorremmo andare direttamente nelle scuole medie a presentare il nostro spettacolo».
Le prime tappe del tour
"Le tre porte" debutta venerdì 19 aprile alle 20 al Teatro Oratorio di Tesserete nell'ambito del Festival della Fiaba, con bis il giorno successivo alle 10. Domenica 28 aprile tappa al Teatro Foce di Lugano, alle 17.30. Sabato 25 maggio alle 20.30 appuntamento invece al Cambusa Teatro di Locarno.