Due articoli in discussione a Berna vogliono sconvolgere lo sdoganamento delle merci. A farne le spese aziende e lavoratori ticinesi.
CHIASSO - Un tir da 40 tonnellate, carico di merci, che parte dall'Italia ed entra in Svizzera - passando dalla dogana di Chiasso - senza controlli, senza garanzia che quello che trasporti sia davvero "in regola" o addirittura pericoloso.
È questo il rovescio della medaglia della “libera circolazione delle merci” che potrebbe diventare realtà nel prossimo futuro e che è un po' una (nuova) contraddizione in termini, per quanto riguarda la visione dei confini e delle dogane, in quel di Berna.
Già, perché proprio a Palazzo federale si sta lavorando alla grande (se non monumentale) riforma della Legge sulle dogane, due degli articoli - il 13 e il 14 per l'esattezza - riguardano proprio la questione della dichiarazione delle merci. Questa dovrebbe essere fatta solo ed esclusivamente nel caso in cui le merci dovessero essere sottoposte a "dazio".
In tutti gli altri casi la merce può entrare nei confini nazionali senza controllo alcuno: «È emblematica, in questo contesto, la potenziale situazione di un automezzo che, una volta ottenuto il "canale verde" in Italia, sarebbe libero di dirigersi in Svizzera entro 8 giorni, senza ulteriori controlli lungo il tragitto e, soprattutto, senza che la dogana svizzera disponga dei dati necessari per le analisi di rischio, priva della dichiarazione doganale», confermano a tio.ch/20minuti alcuni spedizionieri di Chiasso, professionisti del settore.
Karin Keller-Sutter contraria, ma l'iter continua
In quel di Berna la riforma degli articoli 13 e 14 lo scorso 6 marzo ha già incassato un sì al Consiglio Nazionale, con un relativo diffuso sostegno della parte borghese del parlamento e malgrado l'opposizione formale da parte del Consiglio federale, per voce della capa del Dipartimento federale delle finanze, Karin Keller-Sutter. Ora l'oggetto, in cerca del proverbiale “sigillo” passa al Consiglio degli Stati, dopo la valutazione della Commissione dell'economia e dei tributi (CET-S) . Non è ancora chiaro se verrà trattato nella prossima sessione estiva oppure - più probabilmente vista la complessità (e la mole) del fascicolo - durante quella autunnale e/o invernale.
Se l'idea di fondo della riforma dei due articoli sopracitati è quella di semplificare la mobilità delle merci, il risultato sarebbe in realtà un boomerang: «il rischio, lo ha confermato la stessa Karin Keller-Sutter davanti al Consiglio nazionale, è che questa novità finisca per rallentare la circolazione delle merci e aumentare la burocrazia».
Questo perché, per capire se effettivamente i camion portino davvero merce esente da dazio, non si potrà fare altro... che controllarli, così come si fa con i turisti della spesa: «Di conseguenza, potremmo assistere alla formazione di lunghe code di automezzi alle frontiere, a causa dell'assenza di un sistema di dichiarazione digitalizzata comporterebbe un ritorno a metodi di controllo manuali».
«In pratica, ciò potrebbe tradursi nel frequente invito ai conducenti di autoveicoli di “aprire il baule, per cortesia”, anche se, in realtà, ci riferiamo a veicoli di quasi 14 metri, carichi di merci praticamente impossibili da ispezionare. Questo scenario non solo rallenterebbe significativamente il traffico transfrontaliero, ma reintrodurrebbe una burocrazia e inefficienze che la digitalizzazione delle dogane si proponeva di eliminare», ribadiscono con fermezza gli addetti ai lavori.
Un caos doganale e viario che però rappresenta solo la punta dell'iceberg delle ripercussioni negative, questo perché l'attuale riforma taglia fuori dall'equazione gli intermediari, tutte quelle aziende (anche ticinesi) che si occupano di sdoganamento e logistica, che rischiano di trovarsi da un momento all'altro senza una fetta importante del loro fatturato con conseguenti - e consistenti - rischi di chiusura o pesante ridimensionamento.
In Ticino si parla di 54 aziende per circa 900 dipendenti, riunite nell'associazione Spedlogswiss Ticino, senza contare i non associati per un totale di oltre 150 aziende tra i 2'000 e i 3'000 dipendenti. La stima dei posti di lavoro che potrebbero andare persi è nell'ordine delle migliaia, con pesanti ripercussioni umane ed economiche, sulle casse dei comuni del Basso Mendrisiotto, così come su quelle cantonali.
«Tema sì, locale ma ripercussioni per tutto il Cantone»
E arrivano proprio dal Mendrisiotto un'interrogazione e un'interpellanza sul tema all'attenzione Consiglio di Stato riguardanti. La prima è firmata da Daniele Caverzasio (Lega) e la seconda da Andrea Rigamonti (Plr). «Sicuramente è un tema locale e settoriale legato al mondo spedizionieri e della logistica, ma le ripercussioni sono ampie e riguardano la popolazione residente e l'economia cantonale. Per noi del Basso mendrisiotto è in ogni caso una questione d'importanza capitale», ci spiega Rigamonti anche vicesindaco di Vacallo, «quello che chiediamo è che il Consiglio di Stato e la deputazione ticinese a Berna riescano a far sentire la nostra voce affinché la cosa non passi sotto silenzio. Siamo ancora in tempo».