Il progetto per realizzare un complesso polifunzionale da sei edifici con spazi commerciali dovrebbe chiudersi nel 2026.
BELLINZONA - «Un pugno in un occhio», così Valentina Mühlemann e Lia Sansossio-Cippà, di Avanti Ticino&Lavoro e Più Donne, avevano di recente definito i lavori in corso in viale Portone a Bellinzona, là dove per decenni sorgeva la ditta Reco (trasferitasi a Castione), e dove in futuro sorgerà un complesso polifunzionale composto da sei edifici con spazi commerciali al piano terreno e appartamenti nei tre piani superiori. Area servita da un’autorimessa interrata su due livelli e da un’ampia area pedonale.
La storia - Le due politiche si erano scagliate contro quello che definivano uno spreco di milioni per «la costruzione di una muraglia di palazzi che andranno a sommergere di cemento i meravigliosi castelli UNESCO». Nonostante i lavori abbiano riportato alla luce, «dopo la demolizione dello stabile in Viale Portone, uno stupendo scorcio sulla roccia di Castel Grande».
Un attacco che affondava ulteriormente il colpo. «La brama di concedere spazi agli interessi privati, ha fatto sì che i palazzi abbiano sbarrato la possibilità di completare la valorizzazione di un monumentale e suggestivo percorso culturale. Avere un tesoro tra le mani e sperperarlo a favore dei soliti è ingiusto», scrivevano le due rappresentanti, auspicando «per il bene della popolazione bellinzonese, del turismo e del buonsenso che ai piedi della murata venga creato un passaggio pubblico».
La replica - Un insieme di considerazioni molto forti che hanno spinto Nicolò Verganti dello Studio Gest di Lugano a intervenire (va detto che La Sito Ticino SA, che ha acquisito i mappali 1007, 1009 e 1010 a Bellinzona dove si sta lavora, è parte dello Studio Gest).
«Posso dare ragione a chi richiede che certi spazi di rilievo debbano essere, ove possibile, espropriati dalla comunità a favore di tutti. Altrove istituzioni e privati concordano su interventi a beneficio di tutti, pur consentendo anche un vantaggio economico per chi possiede i terreni o chi investe in nuove opere - spiega Verganti - Purtroppo da noi questo tipo di rapporti non è ancora stato sdoganato. Vorrei però ricordare quanto quegli spazi, ora demoliti, siano stati edificati a suo tempo e mantenuti a ridosso della murata per decine di anni senza che ci fossero politici “indignati”».
Ecco perché, quando si è presentata l’occasione, si è deciso di sostenere l’intervento. «Se non avessimo deciso di realizzare tale progetto da svariati milioni, attendendo anni dalla prima domanda di costruzione avremmo probabilmente ancora lo stato precedente (visibile nella foto). Chi è andato dai precedenti proprietari a richiedere, attraverso una proposta seria, di demolire parte del loro stabile per creare un corridoio di rispetto nei confronti della murata?».
E infine «mi sento scosso, quando leggo come una cinta muraria venga “declassata” a fare da recinzione a palazzi privati. Infine se chi ha scritto si fosse adeguatamente informato, avrebbe saputo che il fulcro del progetto attuale prevede un passaggio pedonale pubblico tra la murata e gli edifici».
Progetto - E sulle novità relative ai lavori attualmente in corso ecco qual è la situazione. «Dopo la demolizione degli stabili ex Reco stiamo procedendo alla sottomurazione per il contenimento della falda presente, con una tecnologia che ci consenta di non rovinare la qualità dell’acqua o trovarci ad abbassarla. Il Geologo Urs Luechinger ha coordinato tutte la fasi fin dall’inizio per garantire che questo venga preservato - racconta Nicolò Verganti - Nei prossimi mesi si procederà con lo scavo, per poi terminare i lavori per l’estate 2026». I lavori sono stati progettati dallo studio Mino Caggiula Architects di Lugano.