Netta presa di posizione del Movimento della Scuola che chiede più libertà di espressione per i docenti
BELLINZONA - Il Movimento della scuola interviene dopo che il Tribunale cantonale amministrativo (Tram) ha dato ragione al docente di elettrotecnica del Centro professionale tecnico (Spai) di Mendrisio. L'uomo era stato esonerato e sospeso con effetto immediato dal DECS a pochi giorni dalla fine dell'anno scolastico per «atteggiamenti irrispettosi verso i suoi superiori».
Ora il Movimento, pur non entrando nel merito del caso specifico , prende posizione nei confronti del DECS. «Sconcerto. Questa è stata la reazione emotiva di molti docenti alla notizia che è trapelata a fine giugno e che è poi stata riportata nei media in luglio: un docente sospeso con effetto immediato a pochi giorni dalla conclusione dell’anno scolastico, prima ancora di presenziare agli importanti consigli di classe di fine anno! Una sospensione immediata, va da sé, non può che prospettare il licenziamento una volta esperita la procedura amministrativa. Dunque si trattava sostanzialmente di un licenziamento in tronco. E per quali ragioni? Per quanto è emerso sulla stampa: compromissione del rapporto di fiducia a seguito di comportamenti inadeguati in riferimento a toni irrispettosi avuti nei confronti dei diretti superiori. Difficile comprendere come una simile fattispecie potesse giustificare un provvedimento così grave: quali potenziali pericoli gravavano sulla comunità scolastica, tali da indurre l’Autorità a decretare l’allontanamento con effetto immediato? Non conosciamo il docente coinvolto e non sappiamo se – come sostengono le autorità scolastiche – egli nel passato avesse veramente assunto comportamenti biasimevoli nei confronti di colleghi e superiori», l'articolata introduzione al passaggio successivo.
«Non è questo il punto: in questo momento non possiamo che essere grati al collega per aver fatto ricorso al Tribunale amministrativo ed essere lieti che questi gli abbia dato ragione, subordinando qualunque misura disciplinare, che non risponda ad effettiva e comprovata urgenza, al rispetto delle garanzie che il nostro stato di diritto riconosce a qualunque individuo. Speriamo che il collega abbia così l’opportunità di far valere le proprie ragioni, dimostrare, se del caso, la sua estraneità alle accuse mosse e non da ultimo riabilitare la propria reputazione», aggiunge il Movimento.
L'obiettivo si concentra poi sul DECS. «Al contempo vorremmo allargare il campo e far notare come questo caso non sia un fulmine a ciel sereno. Sono parecchi anni, ormai, che nel Decs si è diffusa una modalità di gestione del personale a carattere verticistico e autoritario, che prevede l’impiego frequente e spesso indiscriminato delle inchieste amministrative per poter smorzare gli animi dei docenti che ancora rivendicano un ruolo attivo e partecipativo nella scuola, quello che storicamente è stato assunto con passione dagli insegnanti ticinesi e che anche la Legge della scuola in vigore riconosce ai Collegi docenti. Non sappiamo se la sanzione comminata al collega risponda alla stessa logica, ma è ipotizzabile che di fatto si inserisca nella diffusa pratica intimidatoria adottata per esempio non molto tempo fa nei confronti di due docenti liceali attivi nell’associazione ErreDiPi, accusati di aver fatto un uso improprio della mail professionale e sottoposti ad un’inchiesta amministrativa che, a distanza di oltre un anno, non è ancora stata chiusa», spiegano.
E aggiungono come «siano numerosi i casi di colleghe e colleghi vittime di più o meno malcelate minacce o intimidazioni da parte dei propri superiori. Sono ormai in maggioranza i docenti che credono di non aver il diritto di esprimersi pubblicamente e che anche solo per rispondere alle domande di un giornalista devono chiedere l’autorizzazione della propria direzione.In altre parole, il ruolo politico del docente è inscindibile dal suo principale compito, quello di dotare i propri allievi di senso critico e indipendenza di giudizio, e della capacità di difendere la propria autonomia con il dissenso, l’opposizione e, in alcuni casi, anche con la disobbedienza civile. Come può il docente infondere questi valori se egli stesso si mostra docilmente conformista e acriticamente sottomesso all’autorità, così come sembrerebbero auspicare i vertici dipartimentali?».
Un articolato ragionamento che porta alla conclusione. «Siamo lieti di come la vicenda che ha colpito il collega si sia, almeno per il momento, risolta a suo favore. Ci rincuora constatare che, nonostante il clima sottilmente intimidatorio che il corpo docente ha dovuto affrontare durante la lunga reggenza Bertoli-Berger, ci siano ancora colleghi che non chinano il capo e che rivendicano i propri diritti, così come siamo ben lieti che il potere giudiziario non lesini rimproveri all’esecutivo quando ve ne sono gli estremi. Siamo invece sorpresi per il silenzio del Decs. Speravamo quanto meno che ci si rendesse conto dell’effetto deleterio di una vicenda come questa sul capitale di fiducia del corpo docente. Non sarebbe opportuno, a nome del dipartimento e del governo, assicurare condizioni di maggiore libertà d’espressione agli insegnanti?».
La replica di Bertoli
Il Movimento della scuola non ha resistito a tirarmi in ballo in data odierna, a partire da una storia recente su cui non dirò nulla, sostenendo che da anni nel Dipartimento che ho diretto fino all’aprile 2023 vigeva una gestione del personale a carattere verticistico e autoritario, che prevedeva l’impiego frequente e spesso indiscriminato delle inchieste amministrative per poter smorzare gli animi dei docenti che rivendicavano un ruolo attivo e partecipativo nella scuola, nonché un clima sottilmente intimidatorio.
Una ridicola fandonia, non sostanziata, buttata lì così, tanto per far cattivo sangue, che in mancanza di argomenti migliori si è voluto gettare in pasto all’opinione pubblica in questo caldo agosto e che non posso che respingere con forza. Mi indichino i signori del Movimento della scuola, se ne hanno gli estremi, alcune delle inchieste amministrative “indiscriminate” “volte a frustrare gli animi dei docenti attivi e partecipativi” che il Dipartimento avrebbe promosso quando ne ero direttore: visto che a loro dire sono state frequenti, non sarà difficile trovarne almeno quattro o cinque.
Attendo con pazienza.
L’unica sempre menzionata è quella che il Consiglio di Stato, non il Dipartimento, ha aperto sui docenti che usavano indebitamente la posta elettronica lavorativa facendo SPAM, anche dopo essere stati pregati di interrompere questa pratica non ammessa da una decisione governativa. Se questa è intimidazione, allora dovremmo ammettere che lo sia anche, ad esempio, il provvedimento che il docente prende contro un allievo di scuola media pescato a usare il cellulare in classe dopo essere stato avvisato più volte di non farlo, o la brutta nota rifilata a un allievo pescato a copiare quando è chiaro a tutti che non si fa; o forse per i docenti valgono regole speciali?
La denigrazione a buon mercato non è mai corretta, ma lo è soprattutto quando viene da organizzazioni professionali che chiedono giustamente rispetto per la categoria che difendono. Il rispetto, prima di pretenderlo, andrebbe praticato, soprattutto per la verità.