Dopo la bocciatura della proposta di Regazzi, un nuovo caso balza agli onori delle cronache. Suter: «Problema col quale dobbiamo convivere»
BELLINZONA - È successo di nuovo. Un cliente non soddisfatto del suo pasto (o, meglio, del conto), ha recensito un ristorante con critiche tali da far scoppiare il caso internazionale. Questa volta ad essere stato preso di mira è il “Rösslibar am See”, a Hergiswil (NW). Oggetto delle critiche è un banalissimo bratwurst, venduto a 22,50 franchi. Troppo, per il recensore.
Come emerso in seguito, tramite la replica del ristoratore, l'ospite ha insistito per mangiare l'insaccato senza patatine né insalata, comprese nel prezzo. Insomma, l'ennesima attacco di pancia che ha rischiato di danneggiare un'attività commerciale.
Un tema, questo, caro al consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro) che a tal proposito aveva depositato in giugno un postulato nel quale invitava il Consiglio federale a esaminare come contrastare le recensioni online abusive sulle imprese. «In particolare - chiedeva -, va verificato se e quali misure legali possono essere adottate per proteggere meglio le imprese da recensioni online false, fallaci o lesive». Il rapporto avrebbe dovuto inoltre stabilire come regolamentare in modo efficace l'onere della prova in merito alla veridicità delle recensioni online, le responsabilità delle piattaforme e le sanzioni.
Risale a pochi giorni fa, per l'esattezza al 21 di agosto, la risposta del Consiglio federale che, sostanzialmente, ha bocciato la proposta di Regazzi ritenendo l’attuale base legale (la legge federale contro la concorrenza sleale) «chiara e sufficiente per combattere le recensioni online denigratorie, inesatte o fallaci che violano i diritti della personalità».
Una stella che può fare male - Il caso di Hergiswil, in ogni caso, riporta d'attualità quello che è un tema sensibile. E che incombe sul settore come una spada di Damocle. «Si tratta di un problema che esiste da quando esistono le recensioni online - ci conferma il presidente di Gastro Ticino, Massimo Suter -. Una recensione a una stella rischia di mandare a quel paese il lavoro di anni. Per quel che concerne la classifica, poi, si vedono fast food ai primi posti. E non è certo per la qualità dell'offerta, ma per il giro di clientela/amici che favoriscono queste scalate».
Suter è in qualche modo rassegnato: «Bisogna conviverci, è difficile trovare delle contromisure. Se Google ti offre più possibilità per intervenire e segnalare eventuali abusi, TripAdvisor si presenta spesso come un muro invalicabile, tra trafile interminabili e difficoltà di comunicare con persone fisiche. L'unica cosa che si può fare è dare risposte chiare e pragmatiche in modo tale da offrire il giusto contesto e delle spiegazioni a chi poi legge queste recensioni».
Per il presidente di Gastro Ticino, insomma, bisogna fare «buon viso a cattivo gioco e fare tesoro delle critiche, laddove possibile». «Che poi, la gente sta iniziando a capire come funziona. Basta controllare l'insieme delle recensioni per farsi un'idea del posto».
«L’anonimato è necessario in certe situazioni» - Per la consigliera nazionale Katharina Prelicz-Huber (Verdi), l'idea di Regazzi non era vincente. Nonostante in linea di principio comprenda la questione, trova che sia compito delle aziende fare attenzione ai commenti e, se il caso monitorarli. «L'anonimato - sottolinea la zurighese -, è purtroppo necessario in certi casi. Se fosse obbligatorio identificarsi con il proprio vero nome, si verrebbe a creare un ostacolo maggiore nella libertà di fornire un feedback».