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CANTONESfigurata dopo l'aumento del seno: «Non riuscivo più a guardarmi allo specchio»

20.11.24 - 08:00
La 35enne ticinese Noemi, sottopostasi a una mastoplastica additiva, ha vissuto un vero e proprio calvario.
Imago (simbolica)
Sfigurata dopo l'aumento del seno: «Non riuscivo più a guardarmi allo specchio»
La 35enne ticinese Noemi, sottopostasi a una mastoplastica additiva, ha vissuto un vero e proprio calvario.

BELLINZONA - È una storia drammatica quella raccontata ai media francesi, nelle ultime settimane, dalla famiglia di Mathieu, un ragazzo di 24 anni che si è tolto la vita, qualche mese fa, a causa di un trapianto di barba mal riuscito che l’ha gettato nel più totale sconforto. L’intervento, è emerso, era stato effettuato in Turchia da un agente immobiliare che si spacciava per chirurgo.

Anche in Ticino, però, sono molte le persone che rimangono vittima di disastrosi interventi di chirurgia estetica, spesso effettuati all’estero. E tra loro c’è anche Noemi*, una 35enne del Sopraceneri che, dopo essersi sottoposta a una mastoplastica additiva, ha vissuto un vero e proprio incubo. 

Da Gravesano a Milano - «A operarmi è stato un chirurgo di Milano», spiega a Tio/20Minuti. «Mi sono rivolta a lui perché ci erano già state due mie amiche, che si erano trovate bene. A infondermi fiducia, a dire la verità, è stato anche il fatto che il chirurgo intratteneva un legame con il Ticino: a cadenza regolare veniva infatti in un centro estetico di Gravesano, dove visitava le pazienti e fissava le operazioni vere e proprie, che eseguiva nel suo studio di Milano».

«Nel mio seno c'era un buchino» - Noemi* decide così di procedere, sottoponendosi all’intervento nell'agosto del 2018, a 29 anni. «Sembrava che tutto fosse andato per il meglio. Dopo qualche giorno ho però notato che nel mio seno sinistro c’era un buchino, coperto da un cerotto, che si allargava sempre di più, così ho contattato il medico. Lui mi ha fatta andare a Milano più e più volte per ricucirmi, ma il tessuto continuava a riaprirsi. Intanto mi diceva che la colpa era della mia pelle che non si cicatrizzava bene». 

L'infezione - Noemi*, preoccupata, decide infine di farsi visitare in Svizzera e si reca all'ospedale. «Mi hanno trovato un’infezione nel sangue, perché la mia protesi sinistra continuava a essere esposta. E non ho avuto altra scelta: ho dovuto farla rimuovere». La 29enne rimane quindi con una protesi sì e una no, con tutte le conseguenze psicologiche del caso. 

Dopo tre mesi, tuttavia, il chirurgo di Milano le dà il via libera per reinserire la protesi, e Noemi* si riopera. Ben presto si presenta però un nuovo problema: «La ferita sotto il seno, da dove era stata inserita la protesi, non si chiudeva più, e la protesi era di nuovo esposta. Io comunicavo con il chirurgo e lui non faceva che dirmi "è normale, stai tranquilla", ma a un certo punto, disperata, sono tornata in ospedale».

«Dieci giorni in ospedale con l'antibiotico in vena» - A Noemi* viene quindi confermato ciò che già temeva: c'è una nuova infezione. «Mi hanno tolto entrambe le protesi e sono dovuta stare dieci giorni all'ospedale con l'antibiotico in vena», spiega. E solo a quel punto la giovane scopre che, a causa dell’infezione precedente, il chirurgo avrebbe dovuto aspettare almeno un anno prima di rioperare, e non solo tre mesi. 

«Mi colpevolizzavo e mi vergognavo» - Quel che è fatto, però, è fatto, e Noemi* si ritrova sfigurata e con la mente a pezzi. «Nella zona rimanevano ormai solo il capezzolo e un po' di pelle, peraltro raggrinzita dalle cicatrici. Ormai non riuscivo più a guardarmi allo specchio e ho cercato supporto psicologico. Durante questo periodo mi sono anche allontanata dal mio compagno, perché non riuscivo a farmi guardare né toccare. Mi colpevolizzavo per l’operazione andata male, mi vergognavo e non riuscivo più a far funzionare la mia vita relazionale». 

La denuncia - In balia della sofferenza la ragazza decide però di riprendere in mano la sua vita. «Ho fatto causa al chirurgo di Milano e, anche se ho dovuto lottare, mi è stata data ragione. I periti hanno infatti rilevato che, in tutta probabilità, il buchino iniziale era stato creato dal chirurgo durante l’intervento, per errore, mentre utilizzava l’elettrocauterizzatore».

Vinta la causa, la sopracenerina ha ricevuto un risarcimento di 30mila euro, ma, ci dice, «la realtà è che non basteranno a finanziare in toto gli interventi che sto affrontando per riparare i danni». 

«Ero terrorizzata all'idea di operarmi di nuovo» - Da qualche anno Noemi* sta infatti seguendo un percorso di correzione con un chirurgo plastico ticinese, il dottor Martino Meoli. «Dopo quello che mi è successo ero terrorizzata all'idea di operarmi nuovamente, ma il dottore mi ha sostenuta e sono riuscita a riprendere fiducia». Sistemare i danni fatti non è però così semplice: «Non avendo praticamente più tessuto a disposizione nella zona del seno, il dottore ha dovuto fare un trapianto di grasso e utilizzare degli espansori per ricrearlo. E solo ora sono arrivata al punto in cui si possono reinserire le protesi definitive». 

Tramite il dottor Meoli, Noemi* ha poi appreso che il chirurgo di Milano ha commesso, fin dal principio, un altro grave errore. «Avevo chiesto al dottore di farmi una seconda o una terza di seno, e lui mi ha fatto una terza. A quanto pare però la mia gabbia toracica non era predisposta a una taglia così grande, e se avessi voluto farla si sarebbe prima dovuto creare tessuto extra con gli espansori, cosa che naturalmente non è stata fatta». 

«Avevo sottovalutato tutto» - Insomma, il messaggio è chiaro: «È importantissimo informarsi a fondo prima di sottoporsi a un intervento. Sicuramente anche all’estero ci sono dei bravi chirurghi, ci mancherebbe, ma è fondamentale non prendere l'operazione sottogamba. Io avevo sottovalutato tutto e non ho mai pensato che qualcosa potesse andare storto», conclude la giovane. 

Ma quanto di frequente si vedono, in Ticino, casi di interventi-disastro come quelli di Noemi*? Ce lo siamo fatti spiegare proprio dal dottor Meoli, che opera tra Lugano e Lucerna, vanta 12 anni di esperienza ed è membro del comitato della Società svizzera di chirurgia estetica. «Purtroppo si vedono spesso», afferma. «Va detto, poi, che questi casi non sono che la punta dell’iceberg: molti pazienti, infatti, si rassegnano e scelgono di non farsi più né visitare né operare. Questo per questioni finanziarie, per paura o per vergogna». 

«Anche all'estero un bravo chirurgo ha il suo prezzo» - «Nella maggior parte dei casi queste persone si sono fatte operare all'estero, magari per risparmiare», precisa Meoli. «La verità, però, è che i chirurghi bravi, anche fuori dalla Svizzera, hanno il loro prezzo». 

«Si è operata in Turchia ed ha rischiato la vita» - Ci sono poi pazienti che, dopo un intervento di chirurgia estetica andato storto, si ritrovano in condizioni tanto gravi da metterne in pericolo la vita. «Ho avuto una paziente che è venuta da me chiedendo una liposuzione e un’addominoplastica», spiega Meoli. «Io le ho detto che non era il caso di fare l’intervento, perché doveva perdere ancora molto peso. Lei però non si è rassegnata, si è sottoposta a una liposuzione in Turchia e subito dopo stava malissimo. Rientrata in Svizzera è stata immediatamente ricoverata in cure intense: ha fatto delle trombosi e delle embolie polmonari, rischiando, di fatto, la vita». 

Occhio alla specializzazione - È però bene tenere gli occhi aperti anche in Svizzera. «Ci sono medici che svolgono questi interventi senza avere una specializzazione in chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva», ci svela Meoli. «Alcuni sono chirurghi generici, altri addirittura medici generalisti o medici specializzati in altre discipline. Questo è perfettamente legale nel nostro Paese, così come lo è in Italia». 

Già, e a confermarlo è anche l’Organizzazione svizzera dei pazienti, sul cui sito viene chiaramente indicato: «In Svizzera ci sono molti fornitori di interventi estetici che si definiscono "chirurgo estetico". Tuttavia, i titoli "chirurgo estetico", "chirurgo plastico" o "specialista in chirurgia plastica" non offrono alcuna garanzia che il medico sia qualificato per eseguire interventi di chirurgia estetica. Questi titoli possono riferirsi a medici senza formazione specialistica specifica, come medici generici, chirurghi maxillo-facciali o dermatologi. Il medico scelto dovrebbe invece essere uno specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica».

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio - Effettuare questa verifica, in Svizzera, è semplice: basta consultare il registro delle professioni mediche. Ma cos’altro si può fare per cercare di prevenire spiacevoli sorprese? «È importante che il chirurgo dia tempo e spazio al paziente per confrontarsi e porre tutte le domande che desidera, anche quelle più critiche», sottolinea Meoli. «Il potenziale paziente può inoltre cercare informazioni online, consultare le recensioni e chiedere al chirurgo un contatto di un paziente che si è già sottoposto alla stessa operazione». 

È poi essenziale non farsi tentare dalle offerte speciali e da chi commercializza la chirurgia estetica adottando metodi vistosi. «È meglio evitare chi offre pacchetti all inclusive con soggiorno in hotel, trasporto in loco, colazione e intervento». Infine, «ci deve essere la consapevolezza che si tratta comunque di interventi chirurgici e, di conseguenza, che delle complicazioni possono esserci». 

*nome di fantasia, nome reale conosciuto alla redazione

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