Sedersi al tavolo e sperare di trovare una buona bottiglia a meno di 40 franchi è un'illusione.
BELLINZONA - Non c’è niente di più bello che andare al ristorante con i propri amici, ordinare un buon piatto di chinoise e accompagnarla con una buona bottiglia di vino. Rosso, per l’occasione. Alla fine del pranzo, però, l'inevitabile impatto con la realtà. Quella bottiglia, diventate due e condivise con il resto dalla tavolata, ha pesato 130 franchi sul conto finale.
Costi di gestione elevata - Ma cosa si nasconde dietro a questi costi esorbitanti? Raggiunto al telefono il presidente di GastroTicino, Massimo Suter, mette subito le mani avanti: «Ogni esercente deve fare i conti con i diversi costi di gestione: personale, acquisto di beni e servizi, spese operative, di ammortamento e imposte. Bisogna poi capire di che vino si parla e del suo prezzo d’acquisto dal produttore o dall’importatore. In nostra difesa - prosegue - posso dire che è quasi impossibile trovarne al di sotto dei 10 franchi. Serve una visione più ampia. Siamo pur sempre l’ultimo anello della catena».
Produttori alle prese con i rincari più disparati - C’è da dire che, negli ultimi anni, il prezzo del vino al produttore è aumentato. Complice l’aumento di diversi costi, come quelli di energia e vetro, così come i numerosi investimenti in macchinari e tecnologie per fronteggiare le sfide del cambiamento climatico. Spese che si riflettono sulle bottiglie delle fasce di prezzo medio, ossia con una redditività maggiore. I listini dei ristoranti parlano chiaro: al di sotto dei 40 franchi è difficile trovare qualcosa. «Tendenzialmente - prosegue Suter - il ricarico maggiore avviene su una bottiglia a basso costo. Acquistandola a 15 franchi viene rivenduta con un ricarico tra il 150 e il 250 per cento. Ma non c’è una regola scritta. Ogni azienda applica i suoi prezzi, a seconda dei costi di gestione e della tipologia di ristorante. Quello di una pizzeria è sicuramente inferiore rispetto a un ristorante stellato». Non parliamo poi di quando si serve il vino al calice: in certi casi, il ricarico può sfiorare il 500%. Significa che con un solo bicchiere il gestore di un locale guadagna già l’intero costo della bottiglia.
Il vino vale circa il 13% delle cifre d'affari di un ristorante medio
Stando ai dati forniti da Gastroconsult, nel 2022, complessivamente la vendita di bevande nei ristoranti è leggermente diminuita a vantaggio della vendita dei pasti, attestandosi al 65,5%. La quota delle vendite di bevande alcoliche rimane al secondo posto al 20,9%. Di questo, il 12,6% del fatturato di un ristorante medio è rappresenato dal vino.
Per Suter, «fare un ricarico del 300% sui piatti sarebbe improponibile e soprattutto impagabile per il cliente. Sulle bevande si ha maggiore marginalità. Ma è un fatto storico», sostiene. «La qualità del vino si paga e non è corretto dire che il vino sia troppo caro. Vendere una bottiglia acquistata a 18 franchi a 35 sarebbe impossibile, ci rimetterei soltanto. Certo - continua - per la clientela potrei apparire come il più bravo ristoratore del mondo, ma dopo sei mesi sarei costretto a chiudere».
La formazione si paga - Pure per Davide Cadenazzi, produttore e presidente di Federviti, il costo del vino al ristorante pare essere giustificato. «Il giusto valore non è dato solo dal vino in sé, ma anche dal servizio - commenta -. Bisogna tenere in considerazione anche chi lo serve. Potrebbe essere un sommelier. O ancora, se dietro alla composizione di un menù c’è stata una ricerca da parte dello staff per creare il corretto abbinamento. Tante volte non ce ne rendiamo conto, ma anche solo conoscere il produttore di un determinato vino richiede del tempo». E aggiunge: «Personalmente trovo tanta qualità nei nostri ristoranti e, dove si la propone, significa che c’è conoscenza. La formazione, ricordiamolo, ha un costo».
Si consuma meno vino - Il consumo di vino, intanto, continua a diminuire. Secondo l'Ufficio federale di statistica nel 2023 è stata registrata una flessione pari allo 0,5% rispetto all'anno precedente. Un andamento che viene confermato anche da Suter. «Al ristorante il consumo di bevande alcoliche è passata dal 19 al 18%. Tuttavia, le singole categorie (birra, vino, e cocktail) hanno avuto sviluppi diversi. Si beve più birra (su dello 0,2% al 7,3%) e meno vino (in calo dello 0,8%)». Sono soprattutto i vini rossi ed esteri a essere meno scelti, ma anche Champagne, aperitivi e cocktail (-0,2%). Per contro cresce la quota di vini svizzeri (+1,6%). Sempre più bevuto fuori casa è anche il sidro (+0,3%, raggiungendo una quota di mercato del 4%).
Bere del buon vino al "giusto" prezzo - Maria Grazia Carbone, direttrice di Ticinowine ritiene che «l’offerta in Ticino sia molto variegata. Esistono proposte in tutte le fasce di prezzo». Nella sua analisi sottolinea come il costo dei vini vari a seconda del posto in cui lo si consuma, per questo «non è facile fare una media del ricarico operato dai ristoratori - afferma -. In generale, però, la fascia di prezzo su cui il ricarico si avverte maggiormente è quella dei vini di fascia medio-bassa».
Come si può allora evitare di incappare in vini mediocri venduti a caro prezzo? «La strategia migliore rimane sempre l’informazione», suggerisce Carbone. «Si può scegliere in base alla provenienza del vitigno e all'annata, senza tralasciare i gusti personali. Si può far riferimento a recensioni e opinioni di esperti, facilmente reperibili online». E consiglia infine: «Per chi, come noi, ha la fortuna di vivere in un cantone a vocazione vitivinicola come il Ticino, le numerose degustazioni ed esperienze nelle cantine rappresentano una bella possibilità per approfondire la conoscenza di questo mondo».