I magistrati Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti, destituiti, fanno ricorso
LUGANO - I magistrati Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti fanno ricorso. I due, al momento ex magistrati, hanno impugnato la sentenza del Consiglio della magistratura che li ha lasciati a casa, e senza stipendio, poiché avrebbero, a detta del Cdm, «gravemente violato i loro doveri di magistrato denunciando per il reato di pornografia il presidente del Tribunale penale cantonale (Mauro Ermani): la denuncia del collega per un reato che sapevano non sussistere è inaccettabile e inconciliabile con la funzione di magistrato».
I dettagli sono riportati sull'edizione odierna de La Regione che analizza i fatti. L’annullamento della decisione di destituzione «si impone non solo per tutelare” i due giudici licenziati con effetto immediato dal Cdm. Ma «anche – e soprattutto – per salvaguardare credibilità e serietà della Magistratura ticinese e della Giustizia nel nostro Paese», si legge nel ricorso.
La denuncia - inoltrata a luglio di quest’anno al Ministero pubblico, per la foto che ritraeva due enormi falli di plastica con una donna seduta in mezzo e la scritta ‘Ufficio penale’ - era rivolta verso il presidente Ermani che avrebbe trasmesso l'immagine via WhatsApp nel febbraio 2023 alla segretaria presunta vittima di mobbing da parte di una collega.
Immagine che, come ha scritto il procuratore straordinario grigionese Franco Passini non aveva però in sè un illecito ai sensi del secondo capoverso dell’articolo 197 (pornografia) del Codice penale invocato dai denuncianti. Decisione in cui si leggeva, tra le altre cose, come i falli di plastica venivano definti simli a gonfiabili da piscina.
«Sconcertante», scrivono a loro volta Verda Chiocchetti e Quadri. «A che genere di piscine si riferisca Passini, non è dato saperlo. Di certo – osservano – non a quelle in cui un padre coscienzioso porterebbe i propri figli».
Patrocinati dall’avvocato Marco Broggini, Quadri e Verda Chiocchetti chiedono alla Commissione di ricorso sulla magistratura di cassare la decisione del Cdm e quindi di essere reintegrati. Lo chiedono dopo aver analizzato la sentenza di destituzione e averla definita «del tutto tendenziosa» nell’esposizione dei fatti, non priva di «numerose considerazioni arbitrarie e frutto di accanimento».
Per i ricorrenti, «la fotografia di un pene in erezione è pornografia soft ai sensi dell’articolo 197, come riconosciuto dal Tribunale federale ed evidenziato dalla dottrina specialistica di questo settore. È francamente difficile immaginare un’enfatizzazione della zona genitale maschile maggiore rispetto a quella svolta da una scultura alta più di due metri che raffigura due falli giganti realistici e in erezione (con vene in rilievo e tutto il resto), con il chiaro scopo di scioccare (o eccitare) il pubblico!»
Inoltre «Secondo il combinato disposto degli articoli 302 Cpp (Codice di procedura penale, ndr) e 27a Log (Legge sull’organizzazione giudiziaria), un giudice è tenuto a denunciare alle autorità competenti per il proseguimento i reati – crimini, delitti e contravvenzioni – che ha constatato o che gli sono stati segnalati nell’ambito della sua attività ufficiale», rammentano Quadri e Verda Chiocchetti. «Se il giudice non agisce, è passibile di essere perseguito per il reato di favoreggiamento ex art. 305 Codice penale, commesso per omissione”. Ergo: i due giudici “non avevano il diritto di denunciare, bensì l’obbligo di farlo».