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LUGANO

Una droga chiamata bisogno d'amore

Giovedì sera la criminologa e psicologa Roberta Bruzzone ha illustrato i rischi, spesso tremendi, della dipendenza affettiva
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Roberta Bruzzone con Luana Riva.
Una droga chiamata bisogno d'amore
Giovedì sera la criminologa e psicologa Roberta Bruzzone ha illustrato i rischi, spesso tremendi, della dipendenza affettiva

LUGANO - Giovedì sera il Palazzo dei Congressi di Lugano ha ospitato la conferenza "Dipendenza affettiva: conoscerla e contrastarla", organizzata dall'Associazione Mai Più Sola. La protagonista, ieri come nel marzo dello scorso anno a Chiasso, è stata Roberta Bruzzone. La nota criminologa e psicologa italiana ha avuto modo, nel corso degli anni, di analizzare a fondo i meccanismi di questo fenomeno che può avere conseguenze devastanti per le vittime.

Dottoressa Bruzzone, nella vittima di una relazione tossica si può innescare una dipendenza a livello biochimico, che va al di là di quella che è la sua volontà razionale.
«Lo sostengono i numerosi studi scientifici degli ultimi 30 anni. La dimensione è complessa da affrontare: non investe solo il piano affettivo, emotivo o cognitivo, ma anche quello neuro-biologico. Se non ne teniamo conto, rischiamo di non dare alla vittima tutte le informazioni che le servono per comprendere perché sta così male».

Cosa succede?
«C'è un processo biochimico che si innesca e che è molto simile a quello che accade al tossicodipendente da eroina quando va in astinenza. Quindi quando la vittima non riesce a "recuperare la dose", bisogna spiegarle cosa e perché avviene. Almeno così, quando sperimenterà questa condizione, potrà collocarla in un'ottica di disintossicazione - che forse è più facile da gestire, rispetto all'angoscia che si prova e che non si riesce a contestualizzare».

La cronaca riporta spesso casi di persone truffate online da impostori. Anche in questi casi, si instaura nella vittima una dipendenza affettiva?
«È esattamente lo stesso. Anzi, la "truffa romantica" ci mostra quanto sia potente questo meccanismo neurobiologico, perché si sviluppa anche in assenza fisica della persona. Basta che si inneschi il fenomeno detto "bombing": questa iperstimolazione iniziale di stimoli favorevoli, complimenti, attenzioni, promesse di amore eterno, progetti... Tutto ciò che nutre dal punto di vista della gratificazione. Che la risposta s'inneschi senza aver mai visto la persona in carne e ossa è la prova di quanto sia potente questo meccanismo».

Ricordiamo, tra gli altri, i casi dei finti Dua Lipa e Brad Pitt. Che spesso hanno avuto una conclusione tragica.
«All'inizio c'è appunto una fase di iperstimolazione favorevole, a cui poi cominciano ad associarsi delle richieste economiche. Una richiesta banale, diciamo per saggiare la disponibilità a cedere denaro nei confronti di soggetti di fatto sconosciuti. Dopodiché cominciano domande sempre più impegnative e, dinanzi alla resistenza o al rifiuto di pagare la somma, la vittima viene immediatamente minacciata d'interruzione del legame. Ed è lì che chi si trova in questa situazione, pur di non perdere quel rapporto e continuare in qualche modo ad alimentare l'illusione, comincia a cedere denaro - anche in maniera molto pesante, addirittura arrivando a indebitarsi».

I media possono giocare un ruolo virtuoso?
«Assolutamente sì. Hanno sicuramente un'importanza notevole - se veicolano le informazioni corrette, se danno strumenti e se raccontano storie, nell'ottica della prevenzione».

Quanto è diffuso questo fenomeno?
«Nel mio studio riceviamo dalle 20 alle 30 richieste di presa in carico al giorno, per questo tipo di problematica. E riguardano persone di tutte le età. Purtroppo le esperienze pregresse non sono un fattore che mette al riparo: la fase iniziale è particolarmente subdola e abbagliante. A tutti noi piace ricevere conferme. Sono aspetti favorevoli che ci nutrono, ci fanno stare bene, ci fanno sentire amati da una persona unica e speciale. Davanti a quel tipo di tentazione, è difficile tirarsi indietro.

Lei mette in guardia dalla figura del narcisista maligno: come lo si riconosce?
«A primo impatto è un po' complicato. Diciamo che dipende dal tipo di narcisista. Alcuni, quelli che hanno il "Sé grandioso" esondante, li noti subito: che sono quelli che immediatamente ci tengono a farti capire che la persona più importante nel dialogo sono loro. Sono quelli che alle cene comuni ti raccontano che, qualunque cosa tu abbia fatto, l'hanno fatta prima e meglio di te - e sicuramente la rifaranno. Il narcisista subdolo, rinnegato, Covert per usare una terminologia molto diffusa oggi, ha una modalità meno evidente. Questi sono soggetti ipersensibili alla critica, quindi temono di fallire, di non raggiungere l'approvazione. Il "Sé grandioso" ce l'hanno, ma lo trattengono sotto le mentite spoglie di persone perbene, devote, gentili, umili».

Quando viene a galla la loro vera natura?
«Nella relazione con questi soggetti arrivano quasi subito richieste del tipo: "Vedi quanto stiamo bene io e te ? Non serve che vai con le amiche, non serve che vai con la famiglia, non serve che continui a fare quello sport, non serve che fai tutta una serie di attività...". All'inizio ti nutrono tantissimo perché sono sempre presenti, sempre disponibili. Però quella disponibilità ha un prezzo. Vogliono che tu rimanga totalmente sotto la loro sfera di controllo. Nel momento in cui conosci il narcisista, una cosa è certa: la tua rete di relazioni è immediatamente sotto minaccia. Questo è uno dei fenomeni a cui prestare maggiore attenzione».

Come far aprire gli occhi a un'amica, o a una figlia, che si trova intrappolata in una relazione di questa natura?
«È complicato. Se diamo il tempo a queste persone di arrivare alla conclusione della fase di aggancio, è come cercare di convincere un tossicodipendente da eroina che questa sostanza fa male. Bisogna cercare d'introdurre elementi critici, prima che questa fase così abbagliante si completi. Altrimenti, dopo, devi solo sperare che il narcisista si smaschererà, mostrando il suo vero volto. Se la questione si complica bisogna ricorrere all'aiuto di esperti o delle associazioni, che fanno capo a loro volta a dei professionisti».

Esiste un vademecum per crescere maschi sani?
«Se esiste è poco praticato. Diciamo che bisogna crescere dei bambini improntati alla parità, al rispetto, al non sentirsi superiori e privilegiati in quanto maschi. Debbono avere una partecipazione attiva a tutte le fasi della gestione domestica, senza aspettarsi che la mamma (e poi la fidanzata o la moglie) li accudisca, gestendo tutto per loro, finché morte non li separi. Questo sarebbe un buon punto di partenza per arrivare a dei maschi sani».

Il rapporto tra Mai Più Sola e Roberta Bruzzone
Come detto, la conferenza del 30 gennaio è stata preceduta da una identica, che ha avuto luogo nel marzo 2024 a Chiasso. Abbiamo chiesto a Luana Riva, co-fondatrice dell'Associazione Mai Più Sola, quale sia il legame con la dottoressa Bruzzone. Di stima profonda dal punto di vista professionale. «È tanto che la seguo e osservo. Mi è piaciuta, è competente in materia e spiega le cose in modo semplice e vero». Tanto che il rapporto è diventato poi di amicizia, anche personale. «È una donna che non ha filtri, l'adoro».

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