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Crescere con l'alcol e la droga in casa

Le difficoltà dei figli di genitori con dipendenze spiegata da chi si occupa di gestire le madri e i padri.
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Crescere con l'alcol e la droga in casa
Le difficoltà dei figli di genitori con dipendenze spiegata da chi si occupa di gestire le madri e i padri.

LUGANO - «Mio padre è un alcolizzato». «Mia madre usa sostanze stupefacenti». O ancora: «I miei genitori gettano il loro stipendio nel gioco d’azzardo». Sono solo alcune delle testimonianze di ragazzi e ragazze cresciuti in un ambiente familiare difficile, raccolte dall'associazione Ingrado.

Le dipendenze dei genitori possono infatti compromettere fortemente lo sviluppo dei figli creando danni irreversibili. «Il rischio principale per un bambino è quello di vivere in un perenne stato di instabilità e di incertezza», ci spiega Sara Palazzo, responsabile dei servizi ambulatoriali di Ingrado, in occasione della settimana dedicata ai figli di genitori con dipendenze. «Questo porta il bambino a generare uno stato d'ansia e di stress cronico molto difficili da gestire. Può capitare inoltre che il bambino sia testimone, oppure addirittura vittima, di conflitti e violenze».

Come reagisce un bambino in questo contesto?
«In gergo si chiama "parentificazione". Cioè quando il bambino compensa le mancanze del proprio genitore. Non solo lo giustifica, ma si assume le sue responsabilità. Il rischio di un sovraccarico emotivo e psicologico è molto concreto. Il bambino tende a mettere da parte le sue esigenze per non gravare ulteriormente la situazione del genitore».

Quali sono i rischi?
«La dipendenza si appropria completamente dell'attenzione del genitore. Il bambino si ritrova da solo senza nessuno che lo possa ascoltare. La priorità sarà sempre l'alcol, il gioco d'azzardo, l'eroina».

La "parentificazione" compromette lo sviluppo del bambino?
«Il bambino può sviluppare un senso di inadeguatezza e un forte senso di colpa, che lo spingono a isolarsi socialmente. Per esempio si rifiuta di portare a casa un amico dopo scuola perché si vergogna della propria realtà. Ma non è tutto. Queste situazioni compromettono anche la sua spensieratezza».

La vergogna porta spesso i ragazzi a chiudersi dietro un muro di silenzio, come aiutarli?
«La vergogna si spiega con il fatto che, spesso, il bambino si sente responsabile della situazione. Bisogna aiutare i ragazzi a capire che non hanno colpe per le dipendenze dei genitori. Inoltre è importante che abbiano una figura sana di riferimento. Loro amano la loro madre e il loro padre con grande intensità, ma questi sentimenti si scontrano con il senso di inadeguatezza e di frustrazione. Non riescono a decifrare la rabbia che ne derive. Dobbiamo cercare di far emergere questi contrasti».

Quanto è concreto il rischio che il figlio possa cadere nella stessa dipendenza del genitore? 
«Secondo le statistiche il rischio di sviluppare una dipendenza in età adulta è sei volte maggiore rispetto a un ragazzo cresciuto in un ambiente familiare sano. Non si tratta però di una legge matematica. Il pericolo è concreto, ma è importante che questi ragazzi non vengano stigmatizzati».

Ingrado si occupa di intervenire sul fronte genitori, cosa significa?
«Innanzitutto accompagniamo la persona in un percorso di disintossicazione. Quando raggiungiamo una certa stabilità ci occupiamo di altre questioni. Per quanto riguarda i bambini, lavoriamo con il servizio sociale e la rete di sostegno. Ci focalizziamo molto sulla riappropriazione del ruolo di genitore».

Nel concreto?
«Li accompagniamo nell'organizzazione della vita del bambino: i colloqui con i docenti di scuola, le attività extrascolastiche, le pagelle dei figli. Dettagli che non sono affatto secondari».

E come reagiscono i genitori?
«Riscontriamo molta frustrazione e un grande senso di colpa. L'equazione genitore alcolizzato uguale cattivo genitore non regge. La realtà è molto più complessa. Con il sostegno di un curatore o di una persona di riferimento, la maggior parte riesce infatti a compiere un ruolo genitoriale più che discreto».

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