Ce lo ha raccontato un ticinese che vive e lavora lì: «Netta la differenza con il Ticino, ma qui ci sentiamo sicuri»
LUGANO - LUGANO - Coraggioso e virtuoso per alcuni, incosciente e pericoloso per altri, di sicuro unico. L'approccio all'emergenza Covid-19 della Svezia - che non ha optato per chiusure e blocchi - resta un'eccezione assai divisiva e che non cessa di far discutere (vedi box in coda all'articolo).
Ma al di là di cifre e statistiche, com'è vivere il quotidiano di una pandemia mondiale in un paese che ha scelto questa strada? Ne abbiamo parlato con il ticinese Mattia Gobbi, 31 anni, in Svezia dal 2015 e parte di uno dei team di Ikea che sviluppa nuovi prodotti.
Cos'è cambiato per voi durante l'emergenza coronavirus? Cosa si poteva fare e cosa no? Cosa era consigliato fare?
Dove vivo io, la situazione è la stessa da alcune settimane. La Svezia ha optato per un approccio un po’ diverso, dando responsabilità alla popolazione piuttosto che imponendo restrizioni severe.
Viene consigliato di limitare i viaggi non essenziali, di mantenere la distanza sociale e, qualora possibile, di lavorare da casa. Io stesso lavoro da casa da due mesi.
Agli over 70 è consigliato di non uscire e c’è molta comunicazione sulle norme igieniche. Le scuole dell'obbligo sono aperte mentre i licei e le università fanno lezioni online.
Ristoranti, negozi e altre attività commerciali sono rimaste aperte. I supermercati hanno apportato accorgimenti (plexiglass, segni per la distanza). I ristoranti sono aperti ma hanno dovuto togliere il buffet e il self-service, molto comuni nei ristoranti svedesi. Per il fatto che molti lavorano da casa i locali sono in crisi.
Nessuno qui porta la mascherina e in linea di massima si può dire si seguono le indicazioni dell'Oms. Importante dire che qui, al di fuori dei centri città, la densità della popolazione non è elevata, ma piuttosto distribuita.
All'inizio eravate preoccupati? Vi fidavate di quello che avevano deciso le autorità?
Sia io che i miei colleghi che provengono dall'estero eravamo un po’ scettici all’inizio, considerando che l’approccio svedese era così diverso dagli altri paesi europei.
Al tempo stesso, ci siamo sempre sentiti al sicuro. Seguendo le statistiche sembra che la situazione svedese non sia peggiore di molti altri paesi. Certo, la Danimarca ha chiuso frontiere e ha molti meno casi, ma tutto sommato, finora in Svezia la situazione sembra sotto controllo.
Il sistema sanitario si è preparato all'emergenza che è partita da Stoccolma e si sta espandendo nel resto della nazione, e sono stati creati posti supplementari negli ospedali in caso di necessità
Il governo svedese dà fiducia al ministero della salute che tramite l'epidemiologo Anders Tegnell ogni giorno comunica lo stato della situazione. Il fatto che le decisioni vengano prese da chi è professionalmente capace, dà fiducia.
Eri in contatto con famigliari e amici in Ticino? Percepivi una differenza fra le vostre esperienze?
Io e la mia compagna siamo in contatto regolare con i nostri famigliari e amici in Ticino. La differenza è chiara.
La nostra vita non è cambiata molto, e la maggioranza delle persone qui seguono le raccomandazioni. Considerando il caso italiano, il Ticino penso abbia reagito bene e applicato le restrizioni necessarie.
Al tempo stesso, questo ha creato un senso d'incertezza e insicurezza che qua in Svezia non abbiamo vissuto, o perlomeno non così forte. Mi sembra ci sia stata molta più preoccupazione in Ticino rispetto a qui.
Com'è la situazione adesso lì? Conosci qualcuno che si è ammalato?
La situazione qua è come qualche settimana fa. Abito al Sud, e qui il “picco” è previsto nelle prossime settimane. È probabile che lavorerò da casa ancora un po'.
Conosco diverse persone che hanno avuto sintomi simili a quelli del covid, ma non sono state testate. Io stesso ho avuto febbre per diversi giorni, ma non sono mai stato testato. Sono rientrato in ufficio 15 giorni dopo la scomparsa dei sintomi.
Insomma, si fa il possibile per evitare di contagiare gli altri. I tamponi vengono fatti solo in casi critici.
Quali i prossimi step?
Una cosa è certa. Si parla tanto di ritorno alla normalità. E questo vale anche qui. L'ufficio, i viaggi all'estero, le strette di mano e gli abbracci, l'essere in contatto con altri è certamente qualcosa che manca.
Quella strategia che continua a far discutere
Non chiudere nulla per permettere alla popolazione di sviluppare un'immunità di gregge che, sulla lunga distanza, permetterà di ridurre in maniera sensibile il numero di vittime senza strascichi sull'economia.
È questa a strategia svedese: «Sarà una maratona» ha recentemente ribadito il premier Stefan Löfven, ma gli scettici riguardo a questo approccio non sono mancati, con una lettera aperta al governo firmata da 2'000 specialisti che però è stata ignorata.
Stando a uno studio dell'Università di Oxford, che ha analizzato i decessi dell'ultima settimana, attualmente la Svezia avrebbe il maggior numero di morti di Covid-19 pro capite per giornata al mondo con 6,25 per milione di abitanti.
Per fare un paragone: nel Regno Unito è 5,75 in Italia 3. Il totale dei morti si attesta attorno ai 3'800 per una nazione con poco più di 10 milioni di abitanti e relativamente pochi casi positivi e – in parte – già al di là del picco.
Un recente test sulla popolazione della capitale ha svelato un tasso di anticorpi al virus nel 7,3% degli analizzati «lievemente più basso di quanto stimato», ha confermato l'epidemiologo Tegnell ai media, ribadendo: «siamo in linea con le previsioni». Per capire se la scelta svedese sarà stata quella giusta, in ogni caso, sarà necessario aspettare.