L'infettivologo Christian Garzoni, ospite di piazzaticino.ch, risponde alle domande dei lettori sul Covid-19.
Intanto dal canton Lucerna è partita l'enorme campagna di vaccinazione. «Su 10 persone vaccinate, se ne ammala solo una. È una grande conquista».
LUGANO - Suo malgrado è diventato uno dei simboli del 2020 ticinese e non solo. L'infettivologo Christian Garzoni è stato ospite di piazzaticino.ch, la piazza virtuale di Tio/20 Minuti. Il medico ha risposto ad alcune delle tante domande sul Covid-19 inviate dai lettori tramite i nostri canali social. L'intervista video integrale si può vedere cliccando qui.
Il vaccino è arrivato in Svizzera. E sono anche partite le vaccinazioni. Ma c'è tanto scetticismo. Come vede la situazione?
«Da noi c'è scetticismo in generale nei confronti di tutti i vaccini. Per quanto riguarda il vaccino di Pfizer, il primo arrivato in Svizzera, si sa che su 10 persone vaccinate, se ne ammala gravemente o decede solo una. Vediamo il bicchiere mezzo pieno, questa è una grande conquista».
Effetti collaterali?
«Quelli gravi sono estremamente rari e sono dovuti maggiormente ad allergie. E le reazioni per gli allergici ci sono anche per gli altri farmaci. Persone con questo genere di problemi possono parlarne liberamente col medico di fiducia, in modo da trovare la soluzione migliore. Più nel globale il vaccino può fare venire male al braccio, male di testa e un po' di febbre per 1-3 giorni. Swissmedic, che l'ha approvato, è un'entità seria e indipendente dall'industria farmaceutica. Le persone possono decidere di vaccinarsi o meno nella massima tranquillità. Nessuno sarà obbligato».
Si teme che le mutazioni del virus possano rendere inefficace il vaccino. Cosa ne dice?
«La mutazione inglese, ad esempio, non renderà verosimilmente inefficace il vaccino. E così dovrebbe essere anche per le tante possibili mutazioni che ci saranno. Se proprio il virus dovesse cambiare di molto, ci ritroveremmo nella stessa situazione dell'influenza. Col fatto, cioè, di dovere adattare e rifare il vaccino ogni anno. Ma rispetto all'eventualità di essere in emergenza e di avere gli ospedali strapieni si tratta di ben poca cosa».
Perché ci è permesso festeggiare il Natale pur sapendo che la maggior parte dei contagi avviene in famiglia?
«Il Natale lo si può festeggiare, ma diversamente, idealmente nel nucleo famigliare. Si sconsigliano gli spostamenti inutili e c'è un limite definito dalla Confederazione di due economie domestiche che si possono incontrare. Ci vuole anche un attimo di buonsenso. Stare a lungo a tavola può favorire i contagi, quindi no ad aperitivi, pranzi e cene al di fuori del nucleo famigliare. Si può fare anche una bella passeggiata o ritrovarsi in un parco. Oppure semplicemente evitare di incontrarsi per stavolta. Godiamoci questo Natale nel nucleo famigliare. Il Natale del 2021 sarà sicuramente migliore».
A livello istituzionale in questi mesi si doveva fare di più per promuovere un sistema immunitario sano?
«Le priorità e le urgenze erano altre. È chiaro che uno stile di vita sano ci migliora. Infatti abbiamo sempre stimolato la gente a mangiare bene e a fare movimento. È un discorso importante comunque».
Quando potremo dimenticare la mascherina?
«Dipende molto dall'evoluzione del Covid. Potrebbe restare pericoloso, ma anche diventare una banale malattia. Oggi nessuno può dirlo. Con un po' di fortuna potremmo anche arrivare a dimenticarcela, la mascherina. Al momento però dobbiamo avere altri obiettivi, salvare la società, le persone più deboli dalla malattia e dai danni psicologici e l’economia dalle conseguenze della pandemia».
Nel 2015 complessivamente ci sono stati più decessi rispetto al 2020. Alcuni continuano a insistere su questo aspetto statistico.
«Non sono situazioni paragonabili tra loro. Il 2015 è stato un anno con più decessi rispetto al solito, questo è un dato di fatto. Ma oggi, parlando della realtà ticinese, abbiamo l'ospedale La Carità di Locarno e la Clinica Moncucco di Lugano che hanno praticamente solo pazienti Covid ricoverati. In cure intense ci sono più di 40 pazienti col Covid-19. Quando non c'era il Covid avevamo meno di 40 persone in cure intense per curare tutte le malattie nel complesso. È evidente che il Covid uccide, molto purtroppo, e che il sistema sanitario è con l’acqua alla gola. Nulla di paragonabile all’influenza».
C'è chi non ce la fa più a livello psicologico. Come la mettiamo?
«Invito tutti a guardare in avanti restando positivi. Il Natale è solo una tappa. Cerchiamo di apprezzare il "piccolo" che ci offre questo Natale. Abbiamo la possibilità di fuggire dai bagordi e alla frenesia e di ritrovare noi stessi. Teniamo duro ancora qualche mese, si vede la luce in fondo al tunnel».