Le donne replicano al professor Cavalli e spiegano cosa è avvenuto nel reparto del San Giovanni.
S'ipotizza che l'Eoc faccia ricorso a una perizia esterna.
BELLINZONA - «Sono profondamente delusa e amareggiata». Dichiara così al Caffé Maria, l'infermiera che fa da portavoce al gruppo che ha firmato una lettera di denuncia contro l'ospedale San Giovanni di Bellinzona, in merito alla replica del professor Franco Cavalli, che la settimana scorsa era intervenuto per «fare chiarezza su quanto è avvenuto negli anni ‘80» nel nosocomio.
Maria e le altre colleghe del reparto di chirurgia, come abbiamo già avuto modo di dire, sono tutte malate di tumore e altre patologie autoimmuni. «Sicuramente il dottor Cavalli è in buona fede, ma perché mai noi non dovremmo esserlo? Perché mai dovremmo raccontare bugie? Cavalli dice che al suo arrivo ha dato ordine di preparare tutte le chemioterapie negli ambulatori di oncologia. Gli credo, ci mancherebbe! Tuttavia, ribadisco, per anni noi abbiamo manipolato farmaci citostatici, sia liquidi che in polvere, senza protezioni adeguate. Addirittura in un locale privo di cappa di aspirazione per le sostanze nocive. Non sarà un caso se tutte ci siamo ammalate e una di noi è morta un anno».
La donna è ferma su questo punto: «Preparavamo le chemio per i degenti in chirurgia, all’epoca veniva somministrata subito dopo l’intervento. Potevano capitare anche pazienti di oncologia che avevano un problema chirurgico, quindi venivano ricoverati nel nostro reparto e lì dovevano continuare con la terapia chemioterapica. E anche in questo caso eravamo noi infermiere della chirurgia a preparare i farmaci citostatici».
Circa un anno fa il San Giovanni aveva commissionato un'analisi dopo lo studio delle cartelle mediche, che aveva stabilito che «non c’è evidenza scientifica, nessun nesso di causalità». Maria osserva: «È la nostra parola contro la loro...».
Richiesta di una perizia esterna - Il Caffè riferisce inoltre della possibilità di compiere nuovi accertamenti, a partire da una perizia esterna che stabilisca se le patologie che hanno colpito le infermiere siano legate a una causa professionale, come da loro più volte ribadito. Il presidente dell'Ente ospedaliero cantonale (Eoc) Paolo Sanvido non ha confermato né smentito la notizia, ma ha sottolineato che il tema viene trattato con «estrema serietà» e che si cerca di «chiarire eventuali nessi di causalità in maniera obiettiva e senza alcuna prevenzione».