Davanti al giudice oggi il 66enne etiope che avrebbe truffato per milioni diversi imprenditori ticinesi
LUGANO - Quasi 13 milioni in dieci anni, dal 2007 al 2017. È l’ammontare della truffa che il sedicente terzogenito dell’imperatore di Etiopia Selassiè - oggi a processo in quel di Lugano - avrebbe compiuto ai danni di tre imprenditori del Mendrisiotto.
Due le accuse contenute nell'atto d'accusa firmato dalla procuratrice Chiara Borelli: truffe per mestiere e falsità in documenti ripetuta.
L’uomo ha confermato il suo sangue reale
Nel rispondere alle domande del presidente della corte Amos Pagnamenta, l’uomo ha confermato il proprio sangue blu e ha affermato di non aver truffato nessuno. Il 66enne ha sottolineato che i soldi sono stati versati dagli uomini perché «era in difficoltà. Ma non ho mai obbligato nessuno a darmi dei soldi».
Inoltre, le transazioni avrebbero finanziato progetti sociali in Etiopia. Durante il dibattimento, è bene sottolinearlo, il presidente della corte ha più volte contestato le risposte dell’accusato: «Non avrò detto mille bugie per avere i soldi - ha precisato - ma qualcuna sì».
Infine, nel caso venisse espulso dalla Svizzera, il “principe” di Etiopia ha detto di non avere nulla in contrario: «Se poi tornerò a collaborare col governo etiopico e mi dovrò recare a Ginevra per motivi istituzionale, si parleranno i due governi».
Nel pomeriggio sono previste le arringhe conclusive.