Nella sua testimonianza, la donna ha affermato di non condividere la ricostruzione degli inquirenti: «Le cose andavano meglio con lui»
LUGANO - «Volevo solo spaventarlo». Avrebbe impugnato il coltello solo come «gesto dimostrativo», non con l’intento di ferire o uccidere l’ex marito. Sono le parole della 35enne, accusata principalmente di tentato omicidio intenzionale, oggi a Lugano di fronte alla Corte delle assise criminali presieduta da Amos Pagnamenta.
I fatti, accaduti a Pura, risalgono al 17 marzo scorso. Nella sua testimonianza, la donna ha affermato di non condividere la ricostruzione degli inquirenti. «Al momento dei fatti - ha raccontato - i rapporti con il mio ex marito erano in lieve miglioramento. L’avevo invitato a cena per organizzare insieme la festa del papà». Fra i due, in precedenza le liti erano stati frequenti, tanto che più volte era dovuta intervenire la polizia («ma mai c’era stata prima violenza fisica»).
«Ha detto: "Ora ti porto via il bambino"» - «Quel giorno - continua la 35enne - siamo stati a fare delle commissioni e siamo tornati a casa attorno alle 17. La baby sitter aveva portato a casa nostro figlio. Avevo comprato delle pizze per cena e ho acceso il forno». A fare da detonatore sono stati, secondo la ricostruzione dell’imputata, dei messaggi vocali inviati dalla compagna all’uomo. «Insultava me e mio figlio - aggiunge - ho chiesto a lui di mettere a distanza quella donna. A quel punto si è arrabbiato e ha detto di farmi i fatti miei. Vista la sua reazione l’ho invitato a uscire di casa. Ha preso il bambino in braccio, ha aperto la porta e ha detto “Ora ti porto via il bambino”».
Secondo la 35enne «mentre mi avvicinavo per riprendere mio figlio, mi ha bloccato al muro e, successivamente, mi ha tirato il mignolo provocandomi un dolore fortissimo. Ho sentito il bambino gridare. Sul buffet della cucina ho visto il porta coltelli di legno. Per tentare di spaventarlo, ho preso il coltello per un gesto dimostrativo. Ero terrorizzata e molto turbata. Mi sono girata mentre lui si girava verso di me. Non mi sono accorta di nulla. Dopo essere rientrata, ho visto il coltello sporco di sangue».
La testimonianza è stata in più punti contestata dal presidente del tribunale Amos Pagnamenta («si sta arrampicando sugli specchi»), soprattutto sulla presunta contusione al mignolo.
La ricostruzione degli inquirenti - Stando alla ricostruzione degli inquirenti, dopo il litigio, culminato con il lancio da parte dell’imputata di un bicchiere verso il muro, il 50enne italiano è stato afferrato per il bavero dall'ex moglie e colpito al fegato con un coltello da cucina con una lama di 12,40 centimetri. La ferita, lunga 11,50 centimetri, ha ferito gravemente l’uomo, pur non mettendo in pericolo la sua vita. La donna è poi stata arrestata.
L'inchiesta è stata coordinata dalla procuratrice Chiara Buzzi. L'imputata, difesa dall'avvocato Fabio Creazzo, è accusata di tentato omicidio intenzionale, guida in stato d'inattitudine, infrazione alle norme della circolazione e contravvenzione alla legge federale sugli stupefacenti.
A inizio processo, il giudice Pagnamenta ha avvisato d’avere ricevuto una richiesta di ricusazione nei suoi confronti (da un avvocato non parte del procedimento). Ma nessuna delle parti ha condiviso l’istanza (che comunque non avrebbe avuto carattere sospensivo).