Lo sciopero delle donne approda all'USI. Ecco cosa ne pensano gli studenti.
LUGANO - Viola su viola, oggi, all'esterno del campus ovest dell'Università della Svizzera italiana. In occasione dell'odierno sciopero nazionale delle donne l'USI ha infatti addobbato il suo truck rendendolo il centro di una zona di scambio, interazione, discussione, sensibilizzazione e condivisione sui diritti delle donne, le disparità di genere, la parità salariale e il sessismo.
«La nostra istituzione è solidale con questi temi e ne riconosce l'importanza per tutta la società», spiega a Tio/20minuti Francesca Scalici del Servizio pari opportunità dell'USI.
Ma gli studenti cosa ne pensano? «Sicuramente le persone della mia età ci tengono molto di più e sono più attente, anche per quanto riguarda le richieste salariali. Prima le donne si accontentavano», ci dice una ragazza. «Secondo me non si è molto sensibili verso il genere femminile. Lo dimostrano gli avvenimenti spaventosi che sentiamo al telegiornale tutti i giorni. E per me, sì, è necessario parlarne», commenta una studentessa.
«Le cose non cambiano perché siamo esseri abitudinari e conservatori. Non ci piace cambiare, ci spaventa un po'», dichiara invece un giovane.
C'è però anche chi la pensa un po' diversamente. «Sono contraria a questa giornata perché secondo me possono esserci altri modi per cambiare la situazione, non con uno sciopero ma parlandone civilmente», sottolinea una ragazza.
«Ci sono ancora molti problemi a livello di violenze sessuali, mobbing o comunque molestie che le donne subiscono ancora troppo spesso sul posto di lavoro», afferma dal canto suo Giulia Petralli, sindacalista del VPOD. «Le norme a tutela di queste violenze sono troppo poche, denunciare è difficile e c'è la paura di subire delle ripercussioni a livello di impiego e di licenziamenti».
Tante le segnalazioni anche per quanto riguarda la maternità. «Si rischia di perdere il posto di lavoro perché si progetta di diventare mamme. Sensibilizzare è importantissimo per spingere le donne che subiscono queste discriminazioni a chiedere aiuto».