Il 36enne del Luganese è stato però prosciolto dall'imputazione principale: quella di tentato omicidio.
LUGANO - Tre anni di detenzione, di cui un anno e mezzo di carcere da scontare e un anno e mezzo sospeso condizionalmente per tre anni. Più un trattamento ambulatoriale e l'espulsione dalla Svizzera per sei anni. È questa la pena decisa dalla Corte delle Assise criminali per il 36enne italiano residente nel Luganese accusato di avere, per ben due volte, tentato di uccidere la sua compagna.
L'uomo è stato prosciolto dall'imputazione principale, quella di ripetuto tentato omicidio intenzionale. Il tentato strangolamento dell'oggi ex partner è infatti stato qualificato come esposizione a pericolo della vita altrui. Riferendosi unicamente ai reati più gravi, il 36enne è inoltre stato giudicato colpevole di tentate lesioni gravi, tentata coazione sessuale e vie di fatto.
«La trattava come un oggetto» - «Per l'imputato la vittima era poco più di un oggetto sessuale che gli permetteva di sfogare le sue fantasie più spinte. E come oggetto la trattava», così il giudice Amos Pagnamenta. L'uomo, inoltre, «non è incensurato. È già stato condannato, oltre che in Svizzera, anche in Italia e in Spagna. Inqualificabile, poi, il fatto che abbia cercato di screditare la vittima tacciandola di bugiarda».
La vicenda, continua Pagnamenta, «è emersa in maniera del tutto credibile, a seguito dell’ennesima lite domestica». La donna «non è inoltre mai parsa accanirsi nei confronti del 36enne. Tra le righe si legge addirittura un tentativo di proteggerlo».
Quanto riferito dall'oggi ex compagna «ha poi trovato conferma nei certificati medici e nelle dichiarazioni di persone con le quali si era confidata». Certo, continua Pagnamenta, «nei suoi racconti sono risultate delle incongruenze, ma marginali e comprensibili considerando la distanza temporale da alcuni dei fatti».
Continui cambi di versione - Al contrario «le contraddizioni, incongruenze e illogicità dell'imputato sono state talmente numerose che sono difficili da elencare», evidenzia il giudice. «Inizialmente il 36enne ha tentato di negare ogni addebito. Poi, mano a mano, ha fornito spiegazioni in funzione di quanto emergeva dall'inchiesta».
Nessun tentato omicidio - Ciononostante «è molto raro trovare condanne di tentato omicidio in ambito di strangolamenti interrotisi prima dello svenimento della vittima», spiega Pagnamenta, «e per i calci in testa la donna ha dichiarato di aver riscontrato dolore unicamente quando si pettinava». Cade quindi il tentato omicidio, e lo strangolamento viene qualificato come esposizione a pericolo della vita altrui. La donna, conclude il giudice, «si è infatti sentita impossibilitata a respirare, ha provato una strana sensazione alla testa e alle orecchie e ha in seguito riscontrato gonfiore alla lingua e alla gola».