Brutta sorpresa, in vista della pensione, per i dipendenti frontalieri dell'EOC: ora il Cantone non rimborsa più l'imposta alla fonte.
BELLINZONA - «Fino all’anno scorso il Cantone restituiva regolarmente l’imposta alla fonte. Ma ora si rifiuta. E al telefono mi è stato detto “Da adesso è così”». È quanto ci ha riferito una 60enne italiana, ex frontaliera e per 20 anni dipendente dell’EOC, che recentemente è andata in pensionamento anticipato, ritirando il secondo pilastro.
Il brusco cambio di rotta del Cantone, che tocca già oltre una quarantina di persone, ha colto di sorpresa sia i diretti interessati che i sindacati, in primis perché non è stato annunciato, e in secondo luogo perché è contrario a quanto finora applicato sulla base della Convenzione contro la doppia imposizione fiscale, in vigore dal 1976.
L'accordo - «In concreto la Convenzione ha stabilito che se la Svizzera deve pagare la pensione a una persona che risiede in Italia è l’Italia e soltanto l’Italia che deve tassare questa pensione», ci spiega Andrea Puglia, responsabile Ufficio frontalieri dell’OCST. «Certo, i Cantoni possono applicare un’imposta alla fonte al momento del prelievo del secondo pilastro, ma il suo scopo è quello di spingere il contribuente a rendersi trasparente con il fisco italiano e a pagare le tasse in Italia. Una volta che questo avviene il Cantone che ha prelevato l’imposta deve infatti restituirla al contribuente».
Niente rimborso - Tutto chiaro, ma cosa sta accadendo oggi? «Da un mese a questa parte il Cantone sta rifiutando le richieste di rimborso dell’imposta alla fonte. Il motivo addotto è il seguente: quando queste persone dichiarano il secondo pilastro in Italia pagano un'aliquota agevolata del 5%. Dal punto di vista del Cantone quest’ultima non è un'imposta ordinaria, e quindi non si applicano le condizioni della Convenzione contro la doppia imposizione. Questo renderebbe lecito il mancato rimborso dell’imposta alla fonte».
«Non è una tassazione speciale» - Una posizione, questa, sulla quale l’OCST solleva dei dubbi. «A nostro avviso è sbagliato sostenere che questa tassazione del secondo pilastro sia “speciale” e “non ordinaria”», afferma Puglia. «È infatti regolamentata dalla legge italiana, esiste già da qualche anno, e non è né un provvedimento particolare ad hoc, né una misura temporanea. Tralaltro in Italia l’applicazione di un'aliquota del 5% è prevista in molti altri casi, non solo per il secondo pilastro svizzero».
Il sospetto è dunque quello che si tratti di una strategia per fare cassa, o di una sorta di vendetta contro le istituzioni italiane, che in diverse occasioni, per quanto riguarda i frontalieri, hanno deciso di agire senza coinvolgere la Svizzera (ad esempio per quanto concerne la tassa sulla salute).
Un grattacapo 100% ticinese - A colpire è anche il fatto che il nostro Cantone è al momento l’unico ad aver partorito questa nuova interpretazione giuridica e ad averla messa in atto. Ma attenzione: «I contribuenti che saranno potenzialmente toccati non sono tutti i residenti in Italia che lavorano in Ticino, ma solo quelli la cui cassa pensione ha sede in Ticino, cioè fondamentalmente i lavoratori statali e parastatali», precisa Puglia.
La sgradita sorpresa - Sta di fatto che ai soggetti interessati resta l’amaro in bocca. «Tutto questo per me è contro la legge, oltre che poco trasparente. Mi sento presa in giro», commenta la 60enne ex dipendente dell’EOC. «Se volevano cambiare le procedure allora dovevano cambiare la legge e avvisare chi di dovere: i sindacati, i fondi di previdenza e le persone chiamate in causa. Invece tutto è stato fatto dall’oggi al domani, senza alcuna spiegazione».
Dietro suggerimento dell’OCST molte delle persone a cui è stato rifiutato il rimborso, compresa la nostra lettrice, hanno quindi presentato reclamo. Già, perché la perdita economica non è indifferente: «Avrei dovuto ricevere indietro più di 8’000 franchi, e invece non mi è stato restituito nulla. E intanto devo pagare altri 8’500 euro allo Stato italiano».
«Possiamo negare la restituzione» - Per capire meglio cosa si cela dietro questo radicale cambio di prassi ci siamo quindi rivolti al Cantone. «La Convenzione tra la Svizzera e l'Italia prevede che la stessa non si possa invocare quando non vengono riscosse le imposte generalmente in uso in Italia per redditi di fonte svizzera», ci spiega Giordano Macchi, direttore della Divisione delle contribuzioni. «Siccome il ritiro in capitale di pensioni svizzere da parte di residenti in Italia ha una tassazione agevolata rispetto agli altri cittadini italiani imposti ordinariamente, il nostro Cantone può operare le trattenute in base al diritto svizzero e negare la restituzione in base alla citata Convenzione».
Ma cos’è cambiato rispetto all’anno scorso, quando l’imposta alla fonte veniva sistematicamente rimborsata? «In base a diverse casistiche aperte si è svolto un approfondimento giuridico che ha evidenziato la necessità di un cambiamento di prassi», afferma Macchi, sottolineando che la decisione non è stata presa né per interessi economici né per fare un torto allo Stato italiano.
«Altri Cantoni potrebbero seguirci» - Per quanto concerne invece il fatto che il nostro Cantone sia l’unico ad aver cambiato le carte in tavola, Macchi spiega che «nel sistema fiscale svizzero ogni singolo Cantone è chiamato ad applicare il diritto tributario (federale, cantonale e internazionale) per le imposte dirette. Ciò che conta è che le decisioni siano conformi al diritto applicabile, ed è possibile che altri Cantoni possano seguire questa prassi in futuro».
La mancanza di una comunicazione pubblica e formale antecedente ai rifiuti di rimborso non sarebbe infine fuori norma: «Abbiamo agito in conformità con il vigente diritto tributario, quindi non era necessario. Sottolineiamo comunque che ogni singola decisione su casi concreti riporta in modo esteso la motivazione giuridica del diniego», conclude Macchi.