Nega tutto il 65enne italiano a processo alle Assise criminali. Ma nel suo computer sono stati rinvenuti oltre 33'000 file pedopornografici.
LUGANO - Avrebbe abusato sessualmente di sua figlia, quando lei aveva tra i 3 e i 5 anni, il 65enne italiano residente nel Mendrisiotto oggi a processo alle Assise criminali di Lugano. L'uomo, stando alle dichiarazioni della vittima stessa, avrebbe agito in più occasioni, tra il 2000 e il 2002, strusciandosi nudo su di lei e toccandola nelle parti intime.
I presunti abusi, è emerso in aula, erano già stati segnalati nel 2001 dalla madre della piccola, ma le autorità non avevano mai aperto un procedimento penale in tal senso. A far riaffiorare i sospetti è però stata, nel 2023, la Polizia federale, che ha rilevato una condivisione di contenuti pedopornografici online da parte dell'imputato.
Chiesta anche l'espulsione - Per il 65enne la pubblica accusa ha chiesto dunque due anni e mezzo di detenzione interamente da scontare, più un trattamento ambulatoriale terapeutico, l'espulsione dalla Svizzera per sette anni e l'interdizione a vita di partecipare ad attività a contatto con minorenni.
L'uomo, però, finora non ha scontato nemmeno un giorno di carcere. Per lui è infatti stata ordinata una misura sostitutiva alla carcerazione, ovvero l'obbligo di sottoporsi a un regolare trattamento di psicoterapia per la cura della pedofilia.
«Non ho questo problema» - «La terapia? Ho avuto dei buoni riscontri, non accuso più il desiderio di volermi suicidare», ha detto il 65enne in aula, affermando che il suo problema «non sono pedofilia e pedopornografia». «Non mi sono mai eccitato con dei bambini e non mi sento un pedofilo», ha sottolineato.
I fatti, però, suggeriscono tutt'altro. L'imputato ha infatti precedenti in Italia, dove nel 1989 è stato condannato per atti di libidine su una minorenne. E l'anno scorso nel suo computer stati rinvenuti oltre 33'000 file vertenti su atti sessuali con minorenni, reali e virtuali.
«Non ho mai toccato mia figlia» - «Io non ho mai toccato mia figlia. È stata manipolata fin da piccola, è tutto dovuto alla madre», ha sostenuto il 65enne. E, riguardo alla pedopornografia: «Quasi tutti i giorni cercavo contenuti pedopornografici, è vero, ma non li guardavo, li ricercavo soltanto. Scaricavo queste immagini perché se no non mi sarebbero arrivati i video di violenza/mutilazione, che erano quelli che mi interessavano e mi davano emozione. A me non interessano sessualmente i bambini, né con la mente né con le mani».
«È tutto falso» - «Lei a verbale ha però dichiarato "Quelle immagini mi suscitavano interesse sessuale" e "Li visionavo per comprendere i punti dove il mio cervello si eccitava"», ha osservato il giudice Amos Pagnamenta. «È tutto falso, non l'ho mai detto», ha replicato in tutta risposta il 65enne.
Il perito psichiatrico, dal canto suo, ha rilevato in lui un disturbo pedofilico, un disturbo della personalità con tratti narcisistici e un rischio di recidiva alto.
«Sapeva che era troppo piccola per capire» - Terminato l'interrogatorio la parola è passata alla pubblica accusa. «L'imputato ha approfittato in modo abbietto della fiducia di sua figlia. Ha agito per soddisfare i suoi bisogni, sapendo che era troppo piccola per rendersi conto di quanto accadeva dal punto di vista sessuale», ha detto il procuratore pubblico Pablo Fäh.
«In corso di inchiesta ha poi continuato a banalizzare quello che ha fatto, sminuendo le sue responsabilità e incolpando sempre gli altri. Sta cercando in tutti i modi di screditare la madre di sua figlia, ma in tutti questi anni da parte di lei non c'è stato nessun accanimento nei suoi confronti: quando nel 2001 sono emersi i sospetti abusi e i due si sono separati la donna aveva infatti comunque permesso al padre di vedere i figli, seppur in sua presenza».
La credibilità delle dichiarazioni della figlia, secondo il procuratore, «è poi supportata dal fatto che anche alle elementari aveva parlato di aver subito abusi sessuali da parte del padre, seppur in modo generico. L'imputato ha invece sempre fatto dichiarazioni contraddittorie e complessivamente appare poco credibile».
Vanno infine considerate, per la pubblica accusa, «anche la condanna definitiva ricevuta in Italia per atti di libidine su una minore e le decine di migliaia di file pedopornografici ritrovati nel suo computer».