Lo ha detto in aula il 48enne accusato di aver pianificato l'uccisione dei due figli e dell'ex compagna, nonché il suo suicidio.
LUGANO - «I miei figli sono la mia ragione di vita e non avrei il coraggio di toccarli. Su questo ci posso mettere la mano sul fuoco». È quanto ha sostenuto oggi alle Assise criminali di Lugano il 48enne italiano residente nel Luganese accusato di aver pianificato, lo scorso maggio, l'uccisione dei suoi due figli 15enni e della ex compagna, nonché il suo suicidio.
In seguito alla separazione della coppia e al divieto di avvicinamento ai figli impostogli dalle autorità, l'uomo, affetto da bipolarismo, ha infatti cercato di acquistare una pistola sul Darkweb e ha confessato il suo piano omicida al Telefono Amico. Il 48enne, nello specifico, ha svelato la sua identità e riferito al 143 che «alla prima occasione» avrebbe ucciso i figli e subito dopo si sarebbe tolto la vita, «come ultimo atto d'amore».
«Cercavo un aiuto, una segnalazione» - «Dopo la supercautelare non potevo più vedere i miei figli e ho iniziato a sentire un dolore, una sofferenza, che crescevano lentamente. Da lì ho cominciato i contatti con il Telefono Amico», ha spiegato l'imputato in aula. «Io avevo sviluppato una strategia: stavo cercando aiuto, cercavo una segnalazione. Nelle mie chiamate aumentavo i toni e la posta in gioco, perché non volevo arrivare a fare veramente questo gesto. In realtà non ho mai ordinato una pistola e dei proiettili..il mio obiettivo era quello di chiedere aiuto».
La Corte, tuttavia, ha voluto vederci chiaro: «Quando è scattata la segnalazione del 143 lei però si è arrabbiato. Questo contraddice la sua storia», ha osservato il giudice Siro Quadri. «Ma io in quel periodo ero arrabbiato un po' per tutto», ha replicato il 48enne.
«Non ricordo di aver ordinato un'arma» - L'imputato ha quindi dovuto spiegare come mai tra marzo e maggio si fosse interessato all'acquisto di armi, sia presso due armerie sia sul Darkweb. «Per me a marzo era curiosità, poi a maggio ero combattuto ed ero in una situazione di follia, dovevo decidere cosa fare e cosa non fare», ha detto. «Io comunque non ricordo di aver ordinato un'arma, ma non posso escluderlo».
Ispirato da un caso di omicidio-suicidio - L'uomo ha poi parlato del suo stato d'animo prima dell'arresto e si è espresso sulle ricerche fatte online in merito a vari casi di omicidio-suicidio. «Mi sentivo sicuramente triste, piangevo continuamente e la distanza dai miei figli cominciava a pesarmi veramente tanto. Quello che era successo mi aveva messo in una condizione di forte rabbia, tanto che spesso pensavo di non riuscire a prendere coscienza di me stesso. Poi ho letto la storia di questo padre che in Italia ha fatto un omicidio-suicidio: lui è il cristo dei padri disperati e per me è un monito, siccome l'ha fatto lui nessun altro deve più farlo. Lui mi ha fatto capire quanto un padre ama un figlio. Lui è un Cristo moderno..sa giudice quanti padri fanno questo ogni giorno».
Il 48enne ha poi specificato che il caso a cui fa riferimento è quello di Claudio Baima Poma, un 47enne del Torinese che nel 2020 uccise suo figlio 11enne per poi togliersi la vita.
Ricerche e messaggi sospetti - A insospettire sono poi anche alcune ricerche fatte dall'uomo sul web. «Lei il 5 maggio ha cercato su Google "uccidere la compagna". Perché?», gli ha chiesto il giudice Quadri. «Guardi, non c'è un manuale per questo. Tante volte ero preso dal mio umore e dalla rabbia, non si trattava di mie intenzioni o di ricerche che nascondevano un piano segreto».
Lo stesso giorno, viene infine fatto notare, il 48enne ha però chiesto a un avvocato "Se dovessimo venire a mancare io e i miei figli i miei beni passerebbero al superstite?". «Erano sempre domande fatte a causa della rabbia», si è giustificato lui.