Per il Movimento l'intesa andrebbe ulteriormente «ad aumentare l'attrattività del mercato del lavoro ticinese per i pendolari italiani».
BELLINZONA - «La Lega dei Ticinesi ribadisce la propria contrarietà a questa opzione». Attraverso un comunicato, il Movimento di via Monte Boglia si oppone all'intesa ratificata negli scorsi giorni dalla consigliera federale Karin Keller-Sutter e il ministro delle finanze italiano Giancarlo Giorgetti.
«Si ricorda - precisa la nota - che i frontalieri che possono svolgere il telelavoro non sono né gli operai edili e nemmeno il personale curante. Dello “smartworking” può usufruire chi lavora nel terziario, in ufficio. Ovvero quei frontalieri che non rispondono ad alcuna carenza di manodopera ticinese, ma che la sostituiscono, e il cui numero continua a crescere senza alcun controllo, creando pesanti distorsioni sul mercato del lavoro del nostro Cantone».
Come indicano gli ultimi dati UST, «nel corso del 2022 - ricorda la Lega - nel terziario i permessi G in Ticino sono cresciuti del 5,6%, a fronte di una crescita complessiva del frontalierato del 4,4%. Il settore terziario ticinese impiega ormai 52mila frontalieri su 80mila. Una cifra che è addirittura quintuplicata in due decenni. Va pure ricordato che, in barba alle statistiche della SECO, i due terzi dei ticinesi disoccupati sono proprio lavoratori del terziario. La débâcle di Credit Suisse creerà migliaia di nuovi bancari disoccupati da ricollocare. In queste circostanze, un’ulteriore agevolazione dei frontalieri del terziario tramite home-office è improponibile. Essa non farebbe che aumentare l’attrattività del mercato del lavoro ticinese per i pendolari italiani. Nel settore terziario andrebbe, al contrario, decretata una moratoria sul rilascio di nuovi permessi G».
La Lega dei Ticinesi ha già presentato a Berna nei mesi scorsi una mozione che chiede di non sottoscrivere alcun nuovo accordo con l’Italia sul telelavoro dei frontalieri. «Continuerà pertanto a battersi in tal senso».