di Monica Piffaretti
“Un vecchio e un bambino si preser per mano e andarono insieme incontro alla sera”. Attingo a piene mani dalla famosa (dolcissima) canzone di Francesco Guccini che già decenni fa guardava al domani ambientale con preoccupazione. Il suo vecchio (gli occhi bagnati di lacrime) e il suo bambino (sognante) immaginavano ciò che non c’era più: i campi coperti di grano, i colori, le voci… Erano gli anni della corsa agli armamenti, una mossa sbagliata e tutto sarebbe saltato in aria. Rischiammo forte, ma non accadde. Il famoso orologio dell’Apocalisse, che calcola quali rischi corriamo, però ticchetta ancora. Con Joe Biden (fin qui stupefacente presidente) ha probabilmente rallentato la sua corsa, mentre con il suo predecessore (si salvi chi può…) l’aveva accelerata.
Il nostro vecchio oggi potrebbe quindi essere proprio lui, il nuovo inquilino della Casa bianca da quasi 100 giorni al timone; e la nostra bambina potrebbe essere Greta Thunberg, capace (ci vuole coraggio, no?) di raccontare al mondo le sue paure e di scuotere le coscienze affinché non guardino più da un’altra parte. Qualcosa si sta muovendo anche sul piano internazionale. Gli Usa, a passo di corsa, sono tornati al tavolo verde e ci hanno portato anche gli stati che più pesano. Il dibattito si è fatto serio e tante sono le promesse sulla massiccia riduzione del Co2. Qualcuno, disilluso o scettico, penserà che siano la solita retorica di facciata. Anche, ma non del tutto e forse un po’ vale la pena crederci.
Fino allo scorso anno il leader di quella che è tuttora la prima potenza mondiale (anche se tallonata dal gigante cinese) negava il problema, che è il miglior modo per non risolverlo e scaricare le gabole sulle generazioni che verranno. Ora l’economia più green viene presentata come una necessità impellente (inaudite le parole del segretario generale dell’Onu, che non è certo un ambientalista: "Siamo sull’orlo del precipizio"), ma anche come una gigantesca opportunità di rilancio/riconversione e di creazione di posti di lavoro.
Anche la Svizzera in giugno dovrà dire se vorrà fare la sua parte, tassando le emissioni di Co2. Un centinaio di scienziati elvetici di grosso calibro, penso a Reto Knutti climatologo all’ETH, sono scesi in campo. I critici hanno replicato che devono starsene zitti, che la scienza è una cosa e la politica un’altra. La loro umile ma saggia risposta è stata etica: le verità assodate (ogni tanto ce ne sono) le mettiamo in campo. Un campo dove le lobby del petrolio continuano a non volere che qualcosa cambi.
Forse quel vecchio - che a 78 anni ha maledettamente poco tempo, che nella sua vita ne ha viste di parecchi colori e dal quale non ci si aspettavano rivoluzioni - e quella bambina che ha osato osare davvero in qualche modo si prenderanno per mano. E nel caso una mano la daranno a tutti. Quanto vorrei davvero non raccontarvi fiabe.