Sfide educative, didattica, accoglienza e ascolto dell'altro.
Scuola e famiglia insieme stringono un'alleanza educativa, sempre orientata al bene e alla crescita di bambini e ragazzi.
Le Scuole San Benedetto, con sede a Porza nel nuovo quartiere Cornaredo, sono nate proprio così: un gruppo di famiglie si è messo insieme per creare una scuola che rispecchiasse i principi educativi che i bambini già respiravano in famiglia. L’alleanza educativa scuola – famiglia è quindi un tema fondamentale per la Fondazione San Benedetto, che ha invitato lo scorso giovedì 24 febbraio la dottoressa Nicoletta Sanese, consulente psicopedagogica, a tenere un incontro online sul canale Youtube delle scuole, per genitori e insegnanti, sul tema “Insieme per educare. Genitori, insegnanti e allievi nell’alleanza educativa tra scuola e famiglia”.
La centralità del rapporto con le famiglie
Nella visione educativa delle Scuole San Benedetto scuola e famiglia sono insieme, ma questo cosa significa nel concreto? «Essere insieme vuol dire provare ad aiutarsi, farsi compagnia. Il vero aiuto tra adulti è fondato su presenza e fiducia reciproca» spiega la pedagogista. «La scuola ha bisogno delle famiglie per essere veramente scuola. Durante il lockdown a causa della pandemia è venuto meno l’essere insieme, alla scuola è mancata la famiglia e viceversa». Perché la famiglia è così importante per la scuola? «La scuola riconosce alla famiglia il primo compito fondamentale che è costituire l’Io dei ragazzi. Nel rapporto con i genitori il bambino riceve la sua identità, poi incontra le maestre e i professori che per come staranno con il bambino influenzeranno il suo cammino». In che modo quindi si differenziano scuola e famiglia? «La differenza tra scuola e famiglia sta negli strumenti. Ciascun bambino diventa grande, l’importante è aiutarlo a crescere. È quindi fondamentale come la famiglia guarda la scuola e viceversa».
Asilo: il primo distacco dal mondo mamma
«Quando il bambino inizia l’asilo c’è un distacco che per il genitore può essere doloroso. Il genitore vuole verificare che la scuola abbia il suo stesso progetto per il figlio. Io lavoro in un consultorio a Rimini e noto nei genitori una certa fatica a far uscire i figli da quello che chiamo il mondo mamma» racconta la dottoressa Sanese. «A tre anni il bambino è in grado di aprirsi al mondo non mamma. Eppure oggi si fa fatica ad incontrare bambini pronti al mondo non mamma, perché c’è un eccesso di cura. I genitori devono imparare a consegnare i figli: mandare i bambini all’asilo non significa abdicare all’identità genitoriale».
Capita spesso che i bambini usciti da scuola vengano ricoperti di domande dalla mamma: cosa hai fatto? Cosa hai mangiato? «Niente di più sbagliato. Al bambino dobbiamo chiedere: stai bene? Sei felice? I bambini non raccontano quello che fanno a scuola perché hanno capito che quello è il loro luogo e che è distinto dalla famiglia».
Compiti a casa: quanto devono intervenire i genitori?
Una domanda comune a molti genitori, che spesso si chiedono fino a che punto sia giusto aiutare i bambini nello svolgimento dei compiti a casa. «Il compito è la risposta del rapporto tra alunno e docente» sottolinea la pedagogista. «Considerate che dopo una settimana di prima elementare i bambini hanno capito perfettamente come funziona la scuola. I genitori non devono inserirsi mai nei compiti e i bambini devono imparare a farli autonomamente, come risposta alla maestra. I genitori che vogliono aiutare troppo i bambini nei compiti fanno peggio, diventano invadenti, rischiando di sostituire i bambini, rendendoli non in grado di rispondere se non dietro un input».
Come fare quando si è in disaccordo
Può capitare che la famiglia non sia in pieno accordo con le scelte fatte dalla scuola in merito a un caso particolare che riguarda il proprio figlio. Come comportarsi quando questo accade? «Per spiegare questa situazione faccio ricorso alla metafora della relazione coniugale. A volte il marito/moglie non fa arrabbiare il coniuge quando agisce in un certo modo? Certamente capita. Moglie e marito sono diversi, su certi temi hanno visioni opposte eppure nella diversità sono uniti. Nel caso della scuola serve un rafforzamento dell’autorità reciproca per il bene del ragazzo. Se scuola e famiglia si sostengono il ragazzo lo avverte. La diversità non è un’obiezione, ma un’occasione per la crescita. L’unità permane grazie alla passione per quel ragazzo, è qui che risiede l’unità scuola – famiglia. Se la famiglia ha la certezza che la scuola vuole il bene del figlio, pur nella diversità di vedute, l’alleanza educativa continua».
Quando il bambino attraversa un momento difficile
Come si deve comportare la scuola quando una famiglia è in difficoltà per un momento difficile del ragazzo? Così risponde la dottoressa Nicoletta Sanese. «La scuola non ha un compito educativo verso le famiglie. Può darsi che dei genitori arrivino dalla scuola dicendo: non ce la faccio più, pensateci voi. Ma i docenti non devono farsi carico dei genitori. Se un insegnante dice al genitore cosa deve fare, il genitore diventa un educatore e questo non va bene. L’insegnante deve consegnare a quella mamma e a quel papà la parte del bambino che da insegnante vede e che può aiutare quei genitori. Lo stesso devono fare i genitori e nella consegna del figlio si rafforza la genitorialità. È come se i genitori dicessero: insegnami mio figlio nella parte che io non vedo, io faccio lo stesso con te. Questa è l’alleanza scuola – famiglia».
Quando un insegnante è in difficoltà
Di fronte a situazioni particolarmente sfidanti, può essere che sia l’insegnante a voler tirare i remi in barca, perché gli sembra che non ci sia più niente da fare per rimettere in carreggiata una situazione. «Nessuno può mai dire non ce la facciamo più – prosegue la pedagogista – perché noi siamo relazione e lo sguardo che diamo al ragazzo va a costituire l’esperienza che quel ragazzo fa di sé. Ciò che educa è il senso che gli insegnanti danno alla situazione in cui ci si trova: gli adulti sono in grado di generare un’esperienza positiva in tutti i ragazzi. Se un insegnante dice non ce la faccio più, abdica alla sua possibilità di generare. Lo strumento dell’insegnante è la didattica e la passione per una materia non è disgiunta da come metto la mia persona in classe, creando così un certo clima». Torna la metafora della relazione coniugale per spiegare uno degli aspetti più problematici della vita adulta, ossia saper generare. «Se il marito fa un errore, la moglie continua a guardarlo senza sporcare il suo sguardo. Quando non si è d’accordo nelle scelte deve esserci fiducia a priori. Ad esempio se i genitori non sono d’accordo con una scelta della scuola il presupposto da cui partire è: se la scuola ha fatto questa scelta deve esserci qualcosa di buono, occorre la disponibilità alla diversità. La stima nasce dalla certezza che l’altro è un bene per me, anche se posso non riconoscerlo immediatamente» conclude la dottoressa Sanese.
Ma cosa significa questo in pratica? Scoprilo sabato 26 marzo dalle 9.30 alle 12.30 all’open day delle Scuole San Benedetto: scuola dell’infanzia, scuola elementare e scuola media nel Nuovo Quartiere Cornaredo. Info: www.scuolesanbenedetto.ch / 091 930.88.45.