L'Organizzazione ha stimato che oltre 4 milioni di morti l'anno possono essere attribuiti all'inquinamento dell'aria
Il 50% della popolazione globale sarebbe esposto all'inquinamento
LONDRA - Nonostante gli sforzi per migliorare la qualità dell'aria, metà della popolazione mondiale è esposta a un crescente inquinamento atmosferico. India e gran parte dell'Africa centro-settentrionale sono le zone in cui fra il 2010 e il 2016 è avvenuto l'aumento più importante.
Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Climate and Atmospheric Science dall'università dell'Exeter con l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Anche se le politiche di lungo termine per ridurre l'inquinamento «si sono mostrate efficaci in molte aree, soprattutto in Europa e Stati Uniti, ci sono ancora regioni dove i livelli sono pericolosamente alti, cinque volte superiori a quelli raccomandati dall'Oms, e in alcuni Paesi continuano ad aumentare», commenta Gavin Shaddick, coordinatore dello studio. L'Oms ha stimato che oltre 4 milioni di morti l'anno possono essere attribuite all'inquinamento dell'aria.
Tra le principali fonti di particolato fine c'è l'uso inefficiente dell'energia nelle case, nell'industria, l'agricoltura, i trasporti e gli impianti alimentati a carbone. In alcune regioni si aggiungono anche la sabbia e polvere del deserto, la combustione dei rifiuti e la deforestazione. Anche se l'inquinamento colpisce in modo simile i Paesi ricchi e poveri, sono questi ultimi a sopportare il carico maggiore, con le concentrazioni più alte in Asia.
Nello studio, i ricercatori hanno esaminato l'andamento della qualità dell'aria globale tra il 2010 e 2016, in un contesto generale di sforzi per ridurlo con politiche di breve e lungo periodo, analizzando i dati di monitoraggio terrestre, satellitari e chimici. «Anche se è difficile quantificare in modo preciso l'impatto di politiche specifiche - conclude Shaddick - unire i dati sugli interventi con l'andamento globale, regionale e locale dell'inquinamento dell'aria può dare informazioni essenziali per le future politiche di monitoraggio».