La protesta simbolica degli operatori del settore contro le misure anti-Covid del governo
MILANO - Una tromba ha suonato il silenzio, poi circa trecento proprietari e operatori del mondo della ristorazione si sono seduti terra, attorno a sedici tovaglie bianche apparecchiate sul granito del sagrato del Duomo, con piatti di carta e posate di plastica.
Così è andata in scena la protesta organizzata a Milano dalla federazione dei ristorati, analoga a quelle organizzate nelle altre città italiane.
«Abbiamo apparecchiato per i piccioni» sorrideva amaro un cameriere, mentre iniziava a parlare il presidente della Federazione italiana pubblici esercizi, Lino Stoppani: «Sappiamo lo sforzo che ha fatto il Governo per trovare risorse, ma serve un rinforzo degli incentivi deliberati ieri con il decreto ristori», ha detto.
«Siamo a terra, dal punto di vista economico e morale, un settore che aveva 97 miliardi di fatturato nel 2019 ne perde 27 quest'anno. Lo paghiamo noi ma anche le città a cui i nostri esercizi danno decoro, lavoro, luce e vivibilità».
A due passi c'è il ristorante Galleria di Pier Galli, che definisce «un disastro» la situazione creata dalle nuove misure anti-Covid. «Prima facevamo poco, perché il centro è a forte vocazione turistica e gli uffici sono in smart working, però qualche spiraglio si intravedeva».
«Bloccarci alle 18 - ha continuato - è stato un colpo di grazia per la ristorazione, precludere la cena non ha senso. Allora, meglio un lockdown totale il più breve possibile ed efficace, però dopo la riapertura vorremmo finalmente operare. Perché abbiamo adottato tutte le precauzioni».