La mutazione B.1.61, probabilmente la più temuta di tutte, è stata rilevata anche in Svizzera alla fine di marzo.
Gli ospedali del Paese asiatico sono al collasso anche a causa della mancanza di ossigeno per i reparti di terapia intensiva. Un medico: «Viviamo in una città in cui respirare è diventato un lusso per tanti»
NEW DELHI - Ospedali che lanciano sos perché i pazienti muoiono per mancanza di ossigeno: è questa l'ultima istantanea dell'incubo Covid in cui è ripiombata l'India, travolta da una variante che ha provocato un milione di contagi in tre giorni. Una mutazione temibile, forse resistente agli attuali vaccini, che ora spaventa l'Europa. Dopo essere comparsa in alcuni Paesi, inclusa l'Italia, un primo caso è stato registrato anche in Svizzera.
La variante denominata B.1.617, che presenta una doppia mutazione rispetto al ceppo originario e appare più facilmente trasmissibile, ha riportato l'India in piena emergenza. Appena un mese fa il ministro della Salute annunciava che l'epidemia era giunta «alla fine», mentre adesso il governo è costretto a inviare le forze armate nelle aree più colpite per i rifornimenti. Negli ultimi tre giorni sono stati bruciati altrettanti record, con oltre 340 mila contagi registrati nelle ultime 24 ore (oltre un terzo degli 893 mila nel mondo, anch'essi un record). E molti esperti stimano che per il picco bisognerà attendere almeno tre settimane. Complici anche i raduni di massa che sono una consuetudine per gli indiani, dalle riunioni d'affari ai matrimoni. Per non parlare dei milioni di pellegrini che anche quest'anno si sono ammassati nel Gange per la rituale immersione.
Gli ospedali a Delhi e in altre città sono al collasso, ma la situazione più grave è la carenza di ossigeno per le terapie intensive. «Viviamo in una città in cui respirare è diventato un lusso per tanti», ha raccontato un medico di un ospedale della capitale alla Bbc, spiegando di passare tanto tempo al telefono, anche con i colleghi, a caccia di bombole. Solo al Jaipur Golden Hospital, in una notte, 20 pazienti sono morti perché rimasti senza ossigeno.
L'unicità della variante indiana, proprio per via della sua doppia mutazione, è motivo di preoccupazione nel resto del mondo, Europa compresa, perché non è chiaro se i vaccini attualmente utilizzati siano in grado di neutralizzarla (in Israele Pfizer sarebbe risultato efficace, ma in modo ridotto). Il nuovo ceppo, nel Vecchio Continente, è già sbarcato da più di un mese. Ad esempio in Gran Bretagna, Belgio e in Italia, con il primo caso a Firenze. Alla lista si è aggiunta anche la Svizzera, con una persona è arrivata nel nostro Paese dopo essere transitato per un aeroporto europeo. Per il momento si contano qualche centinaio di casi in Europa e alcune migliaia nel mondo. Ma la velocità con cui la variante si sta propagando in India non consente di dormire sonni tranquilli, soprattutto in una fase in cui le restrizioni ai contatti sociali iniziano ad allentarsi.
In attesa di capirne di più alcuni Paesi, dal Canada alla Gran Bretagna, dall'Iran al Kuwait, hanno ripristinato una stretta sui collegamenti aerei con l'India. Ultima, in ordine di tempo, è stata la Germania, dove l'intensità dell'epidemia preoccupa ancora. Tanto che è appena entrata in vigore una legge d'emergenza per far scattare nuove restrizioni in modo automatico al superamento di una certa soglia di contagi per numero di abitanti.
L'esperto spiega le caratteristiche della variante - A contraddistinguere "l'indiana" dalle altre varianti sono le due mutazioni della proteina Spike, che è quella che distingue il virsu Sars-Cov2. «Sono la L452R e E484Q», precisa all'Ansa Massimo Ciccozzi, ordinario di statistica medica ed epidemiologia molecolare all'Università Campus Bio-Medico di Roma. «Attualmente stiamo conducendo uno studio su tale variante e la nostra ipotesi è che le due mutazioni lavorino "in coppia" e una rende più forte l'altra, con il risultato di rendere la variante più trasmissibile». In pratica, spiega l'esperto, «la mutazione L452R si comporta come se fosse un interruttore che accende la seconda mutazione E484Q. Quest'ultima ha acquisto un nuovo aminoacido Q che le permette di entrare meglio nelle cellule e d'infettarle».
«Questo perché - continua lo studioso - riesce a "fondere" meglio le membrane cellulari. In questo modo, la variante "indiana" riuscirebbe, secondo la nostra ipotesi, a trasmettersi maggiormente e più velocemente rispetto al virus originale». La sua maggiore trasmissibilità, afferma Ciccozzi, «sembrerebbe confermata dal veloce aumento di casi in India, mentre è per ora contenuta la sua presenza in Europa». L'ipotesi di una maggiore trasmissibilità, sottolinea, «accresce la preoccupazione, mentre si sta valutando anche la risposta ai vaccini. Dai primi dati, emergerebbe una lieve minore efficacia dei vaccini disponibili su questa variante».
Infatti, precisa, «sembrerebbe diminuire leggermente la risposta degli anticorpi neutralizzanti stimolati dalla vaccinazione, ma non dei linfociti T. Questa - commenta - è comunque una buona notizia perché indicherebbe una certa efficacia dei vaccini in uso». A ogni modo, avverte l'esperto, «la massima cautela è d'obbligo ed è fondamentale potenziare il monitoraggio e il sequenziamento dei genomi dei casi positivi, in una percentuale di almeno il 10%, per rilevare tempestivamente la presenza di questa e altre varianti».
Infatti, «la circostanza che in Italia non siano stati al momento rilevati molti casi di variante indiana - afferma - potrebbe essere dovuta anche a un minor flusso di contatti e viaggi dall'India, ma la questione rende evidente la necessità che la vaccinazione anti-Covid sia estesa a tutti i paesi, anche in Asia». Se a vaccinarsi sono «solo i Paesi occidentali - conclude Ciccozzi - il problema non verrà risolto e saremo sempre allo stesso punto, perché dall'estero arriveranno nuove varianti contro le quali i nostri vaccini non sono ancora "tarati" e si innescherà una "rincorsa alla variante" molto pericolosa».