Non ci sarebbe altra scelta dopo le sanzioni, secondo un esperto russo di questioni orientali
MOSCA - Le durissime prese di posizione occidentali e l'isolamento pressoché totale nel quale la Russia si sta trovando, dopo l'invasione dell'Ucraina, rischiano di gettare Mosca nelle braccia della Cina. Attenzione però: non si tratterebbe dell'atto di nascita di un gigante euroasiatico, de facto prima potenza mondiale, ma di una dipendenza obbligata nella quale la Federazione guidata da Vladimir Putin avrebbe una posizione subalterna.
L'astensione di Pechino - È lo scenario tracciato dall'orientalista Vasily Kashin al quotidiano indipendente russo Novaya Gazeta. In questo momento la Cina sembra avere il coltello dalla parte del manico. L'astensione nel voto di condanna dell'Assemblea generale dell'Onu di mercoledì non è una presa di posizione a sostegno del Cremlino, anzi. «I cinesi di solito sono solidali con la Russia, ma in alcuni casi, quando la posizione russa è troppo contraddittoria, quando il sostegno coinvolge direttamente la Cina in una sorta di profondo conflitto, dove non vuole essere coinvolta, allora si astiene». Pechino, aggiunge Kashin, «non sosterrà mai la violazione dell'integrità territoriale» di un territorio «sulla base di un referendum. Ecco perché non hanno potuto sostenere né la Crimea né il riconoscimento delle "repubbliche popolari" del Donbass». Il motivo? È interno alla politica cinese: la questione Taiwan e il fatto che «il referendum è lo strumento preferito dai separatisti taiwanesi. E i cinesi non approveranno un simile precedente, non lo sottoscriveranno».
Una quota sempre più massiccia - È evidente che ci siano da tempo forti vincoli tra Cina e Russia, per vicinanza geografica e interessi comuni politici (leggi l'opposizione agli Stati Uniti). L'asse dell'economia russo si sta spostando sempre più verso est, ricorda Kashin. «Negli ultimi anni, la Cina ha sostituito molto attivamente l'Europa in numerosi segmenti di mercato legati alla fornitura di componenti, apparecchiature industriali e così via. Abbiamo visto gradualmente una diminuzione della quota dell'Europa e un aumento della quota della Cina nel commercio», tanto che l'anno scorso Pechino era già circa alla metà del livello europeo. Le sanzioni accelereranno drammaticamente un processo che avrebbe altrimenti richiesto 10 anni. «Ora, penso che la Cina sarà il nostro principale partner commerciale quest'anno o il prossimo».
Si comincia dalle auto - Non solo: «La dipendenza della Russia dal commercio con la Cina comincerà a crescere a un ritmo gigantesco». L'esperto fa l'esempio delle case automobilistiche cinesi, destinate a soppiantare presto le rivali europee o coreane anche in termini di produzione sul territorio russo. «In una fase precedente, i cinesi hanno cercato di entrare in Russia, ma non erano molto competitivi. Ora torneranno qui - e questa sarà una potente svolta nelle esportazioni per l'industria automobilistica cinese, dopotutto, la Russia non è il mercato più piccolo e i cinesi qui, come presumo, diventeranno la forza dominante».
Verso il monopolio - Quello cinese diventerà poi, per forza di cose, il principale sbocco per le materie prime e i prodotti russi. Una volta che saranno allestite o completate le infrastrutture necessarie (ferrovie, gasdotti, porti) e «quando la Cina diventerà un acquirente monopolista per molti dei nostri prodotti, sarà in grado di dettare i prezzi. E dovremo conviverci» conclude Kashin.