Dovevano stendere Putin ma non l'hanno fatto e ora, con il rincaro energetico, l'occidente passerà alla cassa
MOSCA - Nonostante l'impegno dell'Occidente nell'imporre interventi economici drastici contro la Russia di Vladimir Putin per l'invasione dell'Ucraina, "sino a ora la guerra delle sanzioni non sta andando come previsto". È il giudizio del settimanale britannico Economist, che dedica la sua copertina proprio allo sforzo di Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione europea nel fermare la macchina da guerra del Cremlino puntando, oltre che sugli aiuti militari a Kiev, sulle contromisure commerciali e finanziarie.
Il grande problema, si legge sul settimanale, è che «il colpo da knockout non si è concretizzato». Emerge infatti che «il Pil russo si ridurrà del 6% nel 2022, come calcola l'Fmi (Fondo monetario internazionale, ndr), molto meno del calo del 15% che molti si aspettavano a marzo, o del crollo in Venezuela».
E ancora: «La vendita di energia genererà quest'anno un surplus di 265 miliardi di dollari, il secondo più grande al mondo dopo la Cina».
Secondo l'Economist, inoltre, dopo una fase di crisi «il sistema finanziario russo si è stabilizzato e il Paese sta trovando nuovi fornitori per alcune importazioni, inclusa la Cina. Nel frattempo, in Europa, una crisi energetica potrebbe innescare una recessione».
L'arma delle sanzioni ha quindi molti difetti e quello principale è rappresentato dalla sproporzione fra le azioni intraprese e le conseguenze su «autocrazie brave ad assorbire il colpo iniziale di un embargo perché possono controllare le loro risorse».
E intanto il gas schizza alle stelle
Il prezzo del gas chiude per la prima volta sopra i 300 euro ad Amsterdam, mercato di riferimento per il metano in Europa. I future Ttf con scadenza a settembre hanno terminato le contrattazioni in rialzo del 10% al nuovo massimo storico di 321,4 euro al megawattora mentre si avvicinano i tre giorni di chiusura programmata del Nord Stream.