Il cambiamento si riflette anche nella politica del Paese, il delicato equilibrio confessionale rimane appeso a un filo
BELFAST - Si smuove il delicato equilibrio confessionale fra comunità che in passato si sono sanguinosamente scontrate nell'Irlanda del Nord, la nazione più piccola del Regno Unito. Lo indica l'elaborazione di dati dell'ultimo censimento britannico, stando ai quali nel territorio nordirlandese coloro che si definiscono cattolici (comunità storicamente repubblicana, in maggioranza) hanno superato in percentuale coloro che si dichiarano protestanti: una novità nelle contee settentrionali, dove i protestanti (zoccolo duro del lealismo verso Londra) sono stati a lungo leggermente più numerosi.
In base a questa rilevazione i cattolici (dominanti nella confinante Repubblica d'Irlanda) sono ora il 42,3%, seppure in discesa; mentre i protestanti sono calati al 37,3. Il tutto nel quadro di una realtà più secolare in cui nessuno rappresenta in effetti la maggioranza assoluta, ma comunque con un ribaltamento di proporzioni rispetto al 2011, quando i protestanti censiti assommavano al 48% contro il 45% dei fedeli dichiarati della Chiesa di Roma.
Il cambiamento, già visibile alle ultime elezioni con il sorpasso del partito repubblicano-cattolico dello Sinn Fein su quello unionista protestante del Dup quale forza di maggioranza relativa al parlamento locale di Belfast, potrebbe in prospettiva alimentare nuove tensioni, sullo sfondo dei contrasti riaccesi anche dal dopo Brexit e dalle controversie sul protocollo per l'Irlanda del Nord.
L'accordo di pace del Venerdì Santo del 1998, che mise fine al violento conflitto dei Troubles, prevede peraltro che un ipotetico referendum sulla riunificazione a Dublino possa essere invocato solo di fronte a indicazioni sul sostegno di una maggioranza qualificata della popolazione nordirlandese: quantificabile quindi sulla carta ben oltre il 50% del totale.