Il 50% dei menù offerti sono a basso impatto ambientale, ossia non hanno un'impronta ambientale maggiore a 0,5 chili di Co2
DUBAI - C'è stato un netto miglioramento, questione vivande, alla 28esima Conferenza delle Nazioni Unite per il clima. Se solo due anni fa i menù erano ad alto impatto ambientale sin dalla colazione, con la scusa che tutto provenisse dalla Scozia e dando quindi un'idea di sostenibilità che però sulla carta non risultava*, quelli della Cop28 di Dubai sono stati appositamente studiati per essere in linea con i temi discussi.
Che sarebbero stati serviti piatti coerenti alle tematiche ambientali, la presidenza della Cop28 lo aveva già anticipato in un comunicato di fine novembre, in cui veniva sottolineato che almeno due terzi dei menù serviti in loco sarebbero stati vegetariani o vegani. E non solo.
Era stato promesso che la metà dei menù avrebbe avuto un'impronta carbonica minima, corrispondente a meno di 0,5 chili di Co2 - ossia la soglia stabilita negli Accordi di Parigi. Difatti, secondo quanto calcolato dagli organizzatori della 28esima edizione dalla conferenza, tra colazione, pranzo, cena e snack ogni delegato non dovrebbe consumare più di 2,3 chili di Co2 al giorno scegliendo dei pasti in linea con la soglia degli 1,5 gradi.
Se questo basti a spingere le persone a preferire dei menù in linea con i principi per cui si trovano alla Cop28, non è dato saperlo. È sicuramente un passo avanti rispetto ai menù delle precedenti Cop in cui veniva sì calcolata l'impronta ambientale per ogni piatto, ma per cui non veniva imposto un limite di risorse consumate. Un delegato alla Cop26 aveva comparato l'incompatibilità dei menù offerti a Glasgow a un'ipotetica conferenza contro il cancro ai polmoni in cui venivano offerte delle sigarette.
Un serio impegno quest'anno ad andare incontro alle esigenze del pianeta da parte della Cop28, lo abbiamo potuto constatare anche sul posto. Un delegato ticinese presente a Dubai ci ha confermato che gli organizzatori stanno mantenendo le loro promesse.
*Nel bilancio economico di un alimento, il trasporto è nella maggioranza dei casi un aspetto secondario. Generalmente è la produzione del bene in sé ad avere una maggiore impronta ambientale. Locale, quindi, non vuol dire per forza più ecologico e sostenibile.