C'è grande malumore per il mancato riferimento all'uscita dai combustibili fossili, si cerca una soluzione in extremis
DUBAI - Siamo arrivati alla giornata conclusiva della COP28. Dopo la pubblicazione lunedì della prima bozza di testo finale, è scesa una cappa di sconforto su chi affidava alla Conferenza sul clima in corso a Dubai una speranza di cambiamento.
«Questa è la mia proposta, ora fate voi, la mia porta è aperta» ha dichiarato il presidente della COP28, Sultan Al Jaber. Nelle 21 pagine (ridotte rispetto alle 27 previste) viene riconosciuta la necessità «di una riduzione profonda, rapida sia del consumo che della produzione di combustibili fossili in modo giusto, ordinato ed equo, in modo da raggiungere lo zero netto entro, prima o intorno al 2050, come raccomandato dalla scienza». Però non viene menzionata nessuna uscita dai combustibili fossili, e questo è il punto che sta creando un malumore generalizzato tra le ong e gli attivisti. Insieme alla mancanza di certezze sul fronte danni e compensazioni.
«La bozza che abbiamo visto non riflette la scienza, non riflette le richieste del movimento per il clima per un’eliminazione graduale dei combustibili fossili completamente finanziata, non riflette nemmeno la stragrande maggioranza dei partiti coinvolti in questo processo» ha scritto su X Romain Ioualalen, attivista politico di Oil Change International. La COP28 sarà un successo colo con «l’eliminazione completa dei combustibili fossili. Questo è il test se vogliamo mantenere la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C».
Jeni Miller, direttrice esecutiva della Global Climate and Health Alliance, ha spiegato al quotidiano britannico Guardian che tale bozza sarebbe «disastrosa per la salute delle persone». Un passo indietro in un momento nel quale bisogna velocizzare l'azione contro il cambiamento climatico. «Gli stati delle piccole isole hanno giustamente definito questo testo una condanna a morte. La mancanza di un reale impegno per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili ci lascia su una traiettoria verso una spirale di impatti climatici sulla salute che supereranno i limiti delle capacità di adattamento dei nostri sistemi sanitari e delle comunità».
Il ministro delle Risorse naturali delle Isole Marshall, John Silk, ha dichiarato che la sua nazione «non è venuta qui per firmare la propria condanna a morte. Siamo venuti qui per lottare per +1,5 gradi e per l'unico modo per realizzarlo: l'uscita dei combustibili fossili».
Quella di oggi non sarà affatto una giornata destinata alle considerazioni generali e ai saluti: il dibattito sarà frenetico, nella speranza di raggiungere qualche risultato concreto. L'Alleanza delle piccole isole-Stato (Aosis) presenterà un testo alternativo e si andrà avanti a discutere ben oltre la fine dell'orario di chiusura ufficiale. Le delegazioni hanno proseguito nelle trattative fino alle prime ore di martedì mattina. Nessun commento dalle nazioni che hanno manifestato la propria contrarietà rispetto all'eliminazione dei combustibili fossili: dalla Russia all'Arabia Saudita, passando per l'Iran e il Kuwait.