Dal 2014, in media, sono 8 i migranti che ogni giorno risultano dispersi (o morti) nelle sue acque. Le cifre di Save The Children
Sono oltre 30.300 le persone morte o disperse nel Mediterraneo dal 2014, in media circa 8 al giorno. Undici anni dopo il naufragio del 3 ottobre 2013, poco o nulla è cambiato. Necessaria l'apertura di canali regolari e sicuri di accesso all'Europa e l'attivazione di un sistema di ricerca e soccorso in mare.
A chiederlo in una nota è Save The Children che anche quest'anno partecipa alle attività organizzate dal Comitato 3 ottobre a Lampedusa, che prevedono, tra l'altro, laboratori rivolti agli studenti italiani e stranieri e una tavola rotonda sull'esternalizzazione dei confini e violenze sulle persone migranti, e la presenza di una rappresentanza di ragazzi e ragazze del Movimento giovani di Save the Children.
L'organizzazione, inoltre, sottolinea la necessità di garantire l'accesso ai diritti fondamentali e alla protezione a tutti i minori, e tra loro ai minori stranieri non accompagnati, che in quanto tali e senza distinzioni, hanno diritto ad accedere a una cura e a un'assistenza adeguate, che tengano conto della loro storia, dei possibili traumi vissuti, ma anche dei loro sogni e delle loro speranze.
«Con guerre e conflitti che avanzano in maniera estremamente rapida, quella a cui assistiamo con profondo rammarico - commenta Antonella Inverno, Responsabile Ricerca, Analisi e Formazione di Save the Children - è una mancanza di impegno nei confronti dei trattati internazionali e del sistema globale di protezione dei rifugiati, richiedenti asilo da parte delle istituzioni europee e degli Stati Membri.
L'approccio securitario e l'irrigidimento dei confini non fanno che rendere le condizioni di bambini e adolescenti, e tra loro dei minori stranieri non accompagnati, più precarie e pericolose. Nella primavera del 2024 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno definitivamente approvato il pacchetto di riforme del Patto europeo Asilo e Migrazione, un insieme di norme che minano il diritto di asilo di minori e famiglie e li mettono a rischio di detenzione, respingimenti e violenze alle frontiere. L'Unione e gli Stati membri dovrebbero ora - sottolinea - concentrarsi sulla sua attuazione con un approccio incentrato sul rispetto dei diritti umani e dei diritti dei minori.
Al contrario assistiamo alla stipula di accordi, come quello con l'Albania, che mettono le persone a rischio di detenzione prolungata e automatica, di mancato accesso a procedure di asilo eque e di ritardato sbarco. Le frontiere interne ed esterne dell'Unione Europea sono diventate luoghi di transito pericolosi, dove violenze, soprusi e violazioni dei diritti umani sono all'ordine del giorno, così come accade sulle rotte che conducono in Europa».