Lo sostiene una doppia class action che chiede al social di Zuckerberg 150 miliardi di dollari
LONDRA - Con la sua negligenza, Facebook avrebbe contribuito al genocidio dei musulmani Rohingya in Myanmar e in altri Paesi.
È quello che sostiene una doppia class action, depositata nel Regno Unito e negli Stati Uniti e che - riporta il Guardian - chiede all'azienda di Zuckerberg 150 miliardi di dollari in danni.
Stando ai querelanti, il social non avrebbe fatto nulla per placare il discorso d'odio e - anzi - i suoi algoritmi hanno in qualche modo premiato i post che ne incitavano l'uccisione, rendendoli più visibili all'utenza.
«Facebook ha scambiato le vite dei Rohingya per il suo profitto e per una maggiore diffusione nel mercato in una piccola nazione del Sud-est asiatico», riporta il testo, «anche di fronte all'evidenza dei fatti, il social network ha comunque continuato a fare quello che stava facendo».
Facebook, arrivato nel Paese nel 2011 si è rapidamente diffuso in maniera capillare nella società. Già nel 2018 l'azienda aveva pubblicamente confermato di non aver fatto abbastanza per prevenire le incitazioni alla violenza e all'odio contro i Rohingya.
Stando a quanto confermato da un'indagine indipendente svolta per conto del social network, diversi post possono essere collegati ad aggressioni e violenze nel mondo reale.
Una problematica, quella delle campagne d'odio in aree del mondo più discoste volutamente ignorate da Facebook, di cui aveva parlato anche la whistleblower Frances Haugen.