Sempre più spesso ci si focalizza sugli 1,5 gradi, ma il punto è un altro: non bisogna pensare al "quando" ma al "come", secondo gli esperti
LONDRA - Da un lato il rischio di oltrepassare la soglia "di sicurezza" degli 1,5 gradi. Dall'altro l'arrendevolezza davanti a uno scenario sempre più plausibile e che sembra essere quasi inevitabile. Il discorso sulla crisi climatica è andato estremizzandosi, focalizzandosi sempre più sul dato della temperatura media globale e sempre meno sulle strategie da mettere in campo per rispettare effettivamente gli Accordi di Parigi.
Il nuovo progetto "Cohort 2040" coordinato dall'Institute for Public Policy Research e dal Royal Institute of International Affairs - Chatham House punta a capire come il dato degli 1,5 gradi centigradi venga utilizzato per rallentare la transizione verde e come le società stiano entrando in un circolo vizioso.
«Le conseguenze della crisi e l'incapacità di affrontarla distolgono l'attenzione dall'affrontare le sue cause, portando a temperature più elevate e perdita di biodiversità, che a loro volta generano conseguenze più gravi, distogliendo ancora di più l'attenzione e portando via le risorse, e così via». Ma una possibilità ancora esiste, secondo le Nazioni Unite. Il problema è che a forza di rimandare il discorso, il tempo per adottare nuove strategie si fa irrimediabilmente più breve.
Stando al primo articolo del progetto - ne seguiranno altri - l'essere umano sta dimostrando di non essere in grado di affrontare la crisi climatica. Questa sua incapacità o «rischio strategico» lo porterà però in un mondo che non sarà in grado di gestire. Ciò, peraltro, sta già avvenendo: lo dimostrano le politiche migratorie sempre più severe, ma anche e la bocciatura d'iniziative ambientali necessarie alla decarbonizzazione.
E il discorso sulle temperature non è di aiuto: se da un lato puntare sul fatto che il rischio di non rispettare gli Accordi di Parigi sia reale - nel 2022 la temperatura media globale è stata la più alta di sempre dall'inizio delle misurazioni - potrebbe portare a una scossa nella politica, in grado di generare un reale cambiamento; dall'altro potrebbe però anche scoraggiare e portare a pensare che qualsiasi cosa si metta in atto, non darà alcun risultato.
«In generale, la crescente possibilità di superare 1,5°C e le sfide per la realizzazione di un cambiamento trasformativo possono essere sfruttate dai poteri forti per sostenere tecnologie poco sviluppate, non provate e potenzialmente pericolose in modo da mantenere lo status quo. Nel frattempo, cambiamenti comprovati e realizzabili come la gestione della domanda su larga scala, che hanno anche vasti co-benefici per la salute e l'ambiente in generale, vengono poco considerati o ignorati».
Il report, in sostanza, invita al risveglio dal torpore. Allo smettere di pensare al "quando", ma di focalizzarsi sul "come". E di ricordarsi che è necessario «aiutare le generazioni più giovani, che dovranno sopportare il peso maggiore se gli obiettivi fissati entro il 2050 non verranno rispettati». E aggiunge che «il mondo è nei guai» e bisogna ricordarselo.