Gli exit poll indicano un testa a testa tra la destra e il blocco di sinistra a livello nazionale
PARIGI - Marine Le Pen non sfonda nelle regionali francesi come prevedevano tutti i sondaggi, soprattutto nella maxi regione del sud sulla quale il Rassemblement National aveva puntato tutto.
Ma non è l'unica sorpresa dell'ultimo appuntamento con le urne prima delle presidenziali 2022: la destra tradizionale, i Républicains, dati per moribondi, sono invece in testa e si affermano come il partito più votato a livello nazionale, poco avanti al blocco della gauche. Staccata, attorno al 19%, l'estrema destra lepenista.
Non decolla, ma questo era piuttosto previsto, La République en Marche di Emmanuel Macron, che non è al governo di nessuna regione e dimostra che in 5 anni non è riuscita a radicarsi sul territorio. Il dato più clamoroso del primo turno - i ballottaggi sono in programma domenica prossima - è però quello dell'astensione, che secondo le previsioni si impenna a un livello record, fra il 66,1% e il 68,6%, secondo i vari istituti. Ha votato un francese su tre, un record negativo che ha stracciato il precedente, quello del 2010 che aveva visto alle urne nelle regionali il 53,67%. «È particolarmente preoccupante», ha ammesso il ministro dell'Interno Gérald Darmanin.
In uscita dalla pandemia, con queste elezioni regionali rinviate di tre mesi per cercare di evitare un crollo della partecipazione, i francesi insomma bocciano ancora l'avventura lepenista e premiano la politica tradizionale, i partiti della destra neogollista e della gauche, che tornano a dominare il Paese. Necessità di riflessione anche per Macron, che vede la sua creatura, La République en Marche, al governo ma assente dal territorio. Per il presidente, l'impresa è ora rianimare il suo progetto per riuscire a rimanere all'Eliseo. In quasi tutte le regioni sono in testa i candidati uscenti di un paese governato, a livello territoriale, da destra e sinistra tradizionale.
La grande sorpresa sono indubbiamente i Républicains, che erano stati colpiti a inizio campagna elettorale dalla fuga di Thierry Mariani, che si è presentato con il partito della Le Pen nella regione dove il Rassemblement National era dato per favorito (Provenza-Alpi-Costa Azzurra) e che è stato votato meno di Marion Maréchal, la nipote di Marine, cinque anni fa. Il destino della regione tradizionalmente più favorevole ai Le Pen, quella di Marsiglia e Nizza, si deciderà domenica con il ballottaggio fra Mariani e l'uscente Musélier, con forti possibilità di convergenza di una sorte di fronte repubblicano sul candidato della destra moderata. Proprio Muselier e Xavier Bertrand, grande vincitore nelle Hauts-de-France, a nord di Parigi, dove ha letteralmente stracciato l'avversario del Rassemblement National (47% contro 23%) sono i due uomini che sembrano destinati a guidare i destini della destra nei prossimi mesi.
Un anno durante il quale potrebbe a sorpresa emergere la possibilità di un duello per l'Eliseo diverso da quanto ritenuto finora: non un bis del Macron-Le Pen del 2017, ma una sfida fra il presidente uscente e il rappresentante dei neogollisti, fra la 'nuova' politica del presidente e la 'vecchia' dei neogollisti. Per Marine Le Pen, che era sembrata molto fiduciosa negli ultimi giorni, con accenti trionfalistici durante le sue visite sul territorio, si profilano momenti difficili se sarà confermato il crollo di consensi del partito, che prenderebbe addirittura 10 punti in meno rispetto alle regionali del 2015.
Un risultato in totale controtendenza con quanto ripetuto in questi giorni dai sondaggi. Già questa sera, i primi commenti degli analisti sono orientati verso il concetto di una «Le Pen non più inevitabile nella corsa all'Eliseo» e «un Macron azzoppato, che sarà probabilmente costretto a cominciare la lunga corsa per la rielezione con un consistente rimpasto di governo».