Il presidente russo intende candidarsi per un quinto mandato nel marzo prossimo.
MOSCA - I 31 anni dell'era Stalin sono ancora lontani, ma Vladimir Putin potrebbe presto accorciare le distanze e allungare il vantaggio sul secondo leader più longevo della Russia moderna, Leonid Brezhnev, che resse le redini dell'impero (allora sovietico) per 18 anni.
Sei fonti vicine al Cremlino hanno infatti detto all'agenzia Reuters che il presidente intende candidarsi per un quinto mandato nel marzo prossimo, puntando a rimanere in carica almeno fino al 2030 e toccando così i 30 anni di permanenza al potere, compresi i quattro (2008-2012) in cui è stato primo ministro.
Interrogato sull'argomento, il portavoce presidenziale Dmitry Peskov si è tenuto prudente: «Putin non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione in merito», ha commentato con l'agenzia Tass, aggiungendo che «non è stata ancora annunciata una campagna elettorale».
Cioè non è stata ancora resa nota ufficialmente la data della consultazione, che dovrebbe essere il 17 marzo. Tuttavia circa un mese fa lo stesso Peskov si era sbilanciato affermando che Putin è "senza dubbio la figura politica numero uno" in Russia e che "difficilmente potrebbe affrontare una reale concorrenza elettorale".
Tra diplomatici, servizi d'intelligence e giornalisti che seguono la Russia c'erano già pochi dubbi che Putin avrebbe rinunciato a presentarsi nuovamente alle presidenziali, dopo aver promosso nel 2020 una riforma costituzionale che gli consente di aggirare il precedente limite di due mandati consecutivi dandogli appunto la possibilità di candidarsi alle presidenziali del 2024 e, in teoria, anche a quelle del 2030. Ma ora le indiscrezioni raccolte da Guy Faulconbridge, capo dell'ufficio moscovita della Reuters e vecchio conoscitore della Russia, non sembrano lasciare più alcuna incertezza.
Come sottolinea lo stesso giornalista, non si poteva pensare che il leader russo, che ha 71 anni ed è diventato per la prima volta presidente nel 2000, lasciasse il comando nel pieno di un conflitto in Ucraina che ha generato "il più grande scontro con l'Occidente dalla crisi dei missili a Cuba del 1962", e che lo stesso Putin vede come una sfida esistenziale per il Paese.
Nei sondaggi del Centro Levada, inoltre, l'attuale presidente gode stabilmente di un indice di approvazione di oltre l'80%. Un dato difficilmente scalfibile, visti l'inasprimento della repressione, il controllo sui principali media e l'assenza di leader dell'opposizione che possano contare su un significativo sostegno popolare.
In teoria le elezioni presidenziali in Russia dovrebbero tenersi praticamente in contemporanea con quelle in Ucraina, dove però sono messe in forse dal conflitto. L'ex consigliere dell'ufficio di presidenza Oleksi Arestovich, personaggio popolare per la sua costante partecipazione a dibattiti su canali Youtube e Telegram, ha già annunciato che intende sfidare Zelensky presentandosi candidato.
Fra i punti del suo programma vi è la proposta di un ingresso dell'Ucraina nella Nato in cambio della rinuncia alla riconquista militare dei territori occupati dai russi, lasciando che il loro futuro sia oggetto di trattative.
Il presidente ha invece ribadito che negoziati con Mosca si potranno aprire solo quando le truppe russe avranno lasciato il territorio ucraino e che il conflitto non è per niente in una fase di stallo. Un modo per rispondere alle critiche raccolte dal Time di collaboratori anonimi, che hanno accusato Zelensky di puntare tutto su una vittoria sul campo difficile da raggiungere, e del capo delle forze armate Valeriy Zaluzhny, che in una conversazione con Economist aveva parlato di una guerra diventata ormai di "posizione" e di "logoramento" che favorirà la Russia.