È la conclusione alla quale è giunta la Conferenza sul futuro dell'industria siderurgica europea
PARIGI - La crisi degli altiforni europei potrebbe causare la perdita di «circa 150.000 posti di lavoro diretti entro il 2030»: è quanto si legge nella dichiarazione congiunta sottoscritta al termine della Conferenza sul futuro dell'industria siderurgica europea, co-presieduto dal ministro francese dell'industria e dell'energia Marc Ferracci e dal ministro italiao per le imprese e il made in Italy Adolfo Urso.
«La siderurgia europea, che garantisce 310'000 impieghi diretti, 2,2 milioni di impieghi indiretti e genera un fatturato di circa 130 miliardi di euro annuali, deve fronteggiare sfide cruciali», si sottolinea nel testo sottoscritto dai ministri di Belgio, Italia, Spagna, Francia, Lussemburgo, Romania e Slovacchia. «In particolare la via cosiddetta 'integrata', che produce l'acciaio a partire dagli altiforni e pesa per oltre metà della filiera siderurgica europea, deve fronteggiare una pressione considerevole».
«La scomparsa di questa componente storica della siderurgia europea» - avvertono i ministri firmatari - «potrebbe condurre alla perdita di circa 150.000 posti di lavoro diretti entro il 2030, su 25 siti industriali in 14 Stati membri, e avrebbe incidenze maggiori sul settore manifatturiero dell'Ue, in particolare, in Germania, Italia, Francia, Spagna, Lussemburgo, e Ungheria».
Rifornendo settori essenziali come l'auto, l'energia, l'edilizia o la difesa, la siderurgia è una «componente maggiore della nostra sovranità industriale», si prosegue nel testo, secondo cui la «produzione siderurgica europea ha raggiunto il suo minino storico nel 2023 con solo 126 milioni di tonnellate annuali prodotte, mentre i livelli 'pre-Covid' erano relativamente stabili, intorno ai 160 milioni di tonnellate».