Un libro di Andrea Polo aiuta ad affrontare le crisi e uscirne vincenti (con la giusta comunicazione).
La crisi si sa è un aspetto o evento poco felice, che nostro malgrado può investirci nel modo più inaspettato. Può toccare il nostro lavoro, come la nostra vita privata e anche la sfera politica. Ma oggi c’è un libro dal titolo "Crisis Therapy", scritto da Andrea Polo, che in modo puntuale affronta l’ampio argomento, alternando taglio tecnico ed esempi pratici. Un’utilissima lettura adatta a un pubblico molto vasto e trasversale, per capire come possiamo affrontare e gestire al meglio le crisi da un punto di vista della comunicazione.
Andrea è un abilissimo professionista delle Relazioni Pubbliche, oggi a capo dell'ufficio relazioni esterne di Facile.it, ma ha lavorato in eBay ed è guest teacher in molti corsi universitari e master, ad esempio presso l'Università di Siena. Nel suo libro sulle crisi, edito dal Sole 24 ORE con prefazione di Debora Rosciani, nota giornalista di Radio 24, ha il merito d'illustrare sia gli strumenti sia le tecniche per reagire e gestire al meglio la comunicazione in tempo di crisi.
Lo abbiamo intervistato, ovviamente per via digitale, e abbiamo commentato insieme a lui alcune crisi in cui la tecnologia ha assunto un ruolo fondamentale per innescare o mitigare l’evento avverso.
Andrea, leggendo il tuo libro mi ha colpito un esempio che hai inserito. Si tratta del disastro della centrale ucraina di Chernobyl, in cui spieghi come già all’epoca le tecnologie hanno svolto un ruolo fondamentale, svelando al mondo la catastrofe nucleare. Ci racconti il ruolo della tecnologia in questa situazione?
«Si tratta di una vicenda che tutti ricordiamo con grande angoscia. L'incidente di Chernobyl del 26 aprile del 1986 causò la dispersione nell'atmosfera di grandi quantità di materiale radioattivo, trasportato dalle masse d'aria in tutta l'Europa e, naturalmente, anche in Svizzera. In quell’occasione, se le prime avvisaglie furono individuate sotto forma di nubi in Scandinavia, in realtà dalla Russia, responsabile allora del sito ucraino, non arrivarono per giorni né conferme nè ammissioni. Un ruolo determinante fu svolto proprio dalla tecnologia, ovvero dai satelliti USA, che tramite foto provenienti dallo spazio svelarono il disastro in atto. A quel punto il Cremlino fu costretto ad ammettere, dopo un imbarazzato silenzio - che durante una crisi è sempre molto pericoloso e problematico - che in effetti c’era qualche problema in Ucraina, nel sito di un reattore nucleare. Ma il ruolo della tecnologia non si è fermato qui. Infatti, i satelliti non solo ripresero con immagini l’incendio, ma carpirono anche le avvisaglie dell’esplosione ignorate dai russi, attraverso foto scattate nei giorni precedenti lo scoppio del reattore numero 4».
Un’altra crisi che analizzi e racconti molto bene è quella che riguarda la Barilla. Un’improvvida dichiarazione del presidente del Gruppo, Guido Barilla, sul fatto che l’azienda avesse come principale riferimento di consumo la famiglia tradizionale e non le coppie dello stesso sesso. Un evento del 2013 che ebbe già all’epoca un grandissimo rilievo sui social network. Oggi secondo te un caso del genere che tipo di onda o effetto avrebbe?
«Senza alcun dubbio deflagrerebbe in modo anche più violento e rapido. La diffusione dei social oggi impone reazioni rapide e pronte, così da placare effetti particolarmente sgradevoli. Nell’occasione che tratto ampiamente nel libro, di nuovo i tempi sono stati molto dilatati. Risposte tardive, per di più sui canali sbagliati, ovvero sui media tradizionali e sul sito istituzionale di Barilla, mentre il disappunto si allargava a macchia d’olio sui principali social network. Ma in prospettiva la reazione e strategia successiva di comunicazione messa a punto dal Gruppo sono state vincenti. Al punto che nel giro di un paio di anni Barilla si è vista riconoscere notevoli progressi nelle classifiche di valore del brand, frutto soprattutto delle azioni messe in campo relativamente all’inclusione e attenzione al tema della diversità per i dipendenti e collaboratori. A dimostrazione che da una crisi si può e si deve evolvere aziendalmente».
E infine un caso verificatosi nei giorni scorsi. Volevo chiederti della crisi legata alla Coca Cola, scatenata in questi giorni da Cristiano Ronaldo, che nel corso di una conferenza stampa ha spostato due bottigliette dal tavolo della conferenza stampa durante gli Europei. Cosa ne pensi? È proprio una crisi per la società di Atlanta?
«Mi sembra una classica tempesta perfetta! Iniziamo con il dire che Coca Cola nulla può in questo caso, perché è vittima di un comportamento un po’ sopra le righe da parte di un giocatore, che peraltro è anche un influencer con centinaia di milioni di followers. Peraltro, trovo anche divertente la polarizzazione sul tema che si è creata con l’iniziativa sopra le righe di CR7. Intendo dire che, visto che Ronaldo è molto divisivo nei suoi comportamenti a metà fra campione, azienda lui stesso e testimonial, spesso viene attaccato da chi non lo ama. Alla fine, Coca Cola è risultata la vittima, e quindi, anche più simpatica del giocatore, come dimostrano alcuni “meme” in rete molto divertenti e spassosi. Mi sembra semplicistico legare interamente la perdita in borsa di 4 miliardi di dollari al gesto di Ronaldo, con mercati così volatili… e poi il vero danno per Coca Cola ci sarebbe stato se fosse partita una campagna per boicottare le bibite gasate, evento che proprio non si è innescato!».