L’evento clou della settimana è stato l’annuncio del nuovo visore Apple. Ma cosa succede ora con l’arrivo di Vision Pro?
Per chi segue tecnologia e innovazione è impossibile non parlare di Apple in questi giorni. L’azienda californiana ha presentato in settimana il suo visore per la mixed reality alla WWDC, ovvero la sua WorldWide Developers Conference. Si tratta di un appuntamento, dedicato proprio al mondo degli sviluppatori, che da 40 anni è una tappa fissa anche per gli appassionati del mondo della mela morsicata, visto che è stato inaugurato proprio nel 1983 in California. E proprio il fatto che questo evento sia rivolto a chi programma e sviluppa è un tassello importante da considerare, come rileva nella newsletter caffelattech Erika Gherardi, caporedattore della sezione Tech di techprincess.it: «Perché presentare un prodotto nuovo in questo contesto, non significa presentarlo al mondo e sperare che la gente lo compri. Significa, prima di ogni altra cosa, mostrarlo agli sviluppatori e dire loro: "Abbiamo fatto questo pezzo di hardware, che ha queste caratteristiche e offre queste possibilità. Ora tocca a voi". Perché in fondo è questa la differenza tra un prodotto che vive e uno che muore. La gente può comprarlo sull'onda dell'entusiasmo ma se poi scopre di poterci fare quattro cose in croce lo abbandona. Non compra la generazione dopo. Non sparge la voce. E niente vendite significa niente spinta verso l'evoluzione, verso prodotti che costano di meno, verso l'adozione di massa. Perché ti dico tutto questo? Perché altrimenti rischiamo di perdere di vista l'essenza dell'annuncio: quella di Apple È una rivoluzione. Non è un fallimento solo perché Vision Pro costa 3.500 dollari».
Anche perché dopo l'annuncio di Vision Pro, le azioni di Apple hanno avuto un calo. E come osserva la giornalista finanziaria Mariangela Pira di SkyTG24, contattata da Erika: «Il titolo ha reagito male perché gli investitori speravano che potesse in qualche modo salvare il metaverso, questa idea di spazio virtuale condiviso. Magari con un prodotto ‘leggero’, in qualche modo. Invece [Apple] ha presentato un prodotto ‘pesante’, che costa anche parecchio. Quindi, chissà quando entrerà sul mercato in modo serio. E come se da Apple – che ha rivoluzionato il mercato dei computer, smartphone, smartwatch – ci si aspettasse di più. Altrimenti non si spiega perché dalla miglior quotazione di sempre prima del lancio del prodotto il titolo sia sceso. C’è qualcosa che non va. Il mercato ha sempre ragione. Il metaverso è come se rimasse una sorta di buco nero in cui il denaro scompare. [Apple] non è stata in grado di presentarlo nel modo più cool possibile».
Nella riflessione sul visore di Apple, Erika Gherardi continua, dicendo che: «Insomma, ci aspettavamo un visore per tutti e invece è arrivato un visore che costa tanti soldi. Vero. Però il prezzo è giustificato. È giustificato dal design: è elegante, è sobrio, è - stando alle dichiarazioni di chi l'ha provato - molto leggero. È giustificato dalle funzionalità: permette di lavorare, di guardare film, di giocare, di comunicare con le persone. È giustificato dall'interfaccia. E non parlo solo di quella UI con le icone tridimensionali che ci ha fatto sgranare gli occhi ma anche di come l'uomo interagisce con la macchina. Niente controller ma le vostre dita, piccoli gesti semplici, la voce, il tracciamento assurdamente perfetto dello sguardo. È giustificato dall'hardware: due display microLED per chi lo indossa e un display che guarda verso l'esterno e può replicare la porzione del vostro volto che è coperta dal visore. E poi sensori e fotocamere ovunque. Dentro e fuori. È giustificato perché c'è un ecosistema che interagisce con il visore. Non solo FaceTime (che trovo un po' creepy sul visore) ma il fatto che uno possa guardare il suo Mac e vedere replicata la stessa schermata sul visore è pazzesco».
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