Le piattaforme nate negli USA segnalano la diffusione di news legate al governo russo e filtrano quelle fake. E TikTok?
La guerra in Ucraina condivide con i conflitti europei passati la brutalità e la sofferenza degli innocenti, ma ha con esse una differenza sostanziale: si svolge nell’era dei giornalisti creati con l’intelligenza artificiale e dei social. Piattaforme, queste ultime, di grande aiuto per la diffusione delle notizie in tempo reale (e per molto altro ancora), che però possono anche essere, com’è noto, utilizzate per far letteralmente erompere fiumi di fake news che, in un contesto così delicato, possono produrre gravissimi danni. Molti tra i colossi di questo settore, soprattutto quelli nati negli Stati Uniti, quindi, hanno preso provvedimenti per cercare di contenere la diffusione di notizie false, inesatte o decontestualizzate, e per evitare che le loro piattaforme vengano utilizzate come strumento di manipolazione, sebbene, c’è da dirlo, questi filtri non daranno quasi certamente i loro frutti in Russia, nazione che vede, nella classifica di quelle più usate, anche le “casalinghe” VKontakte e Odnoklassniki.
Meta: una “diga” immediata
Tra tutti, forse anche per riprendersi da precedenti fail reputazionali, chi ha agito direttamente e immediatamente contro gli interessi del governo russo è stato il gruppo Meta (Facebook e Instagram): il colosso di Zuckerberg ha, infatti, bollato tutte le pubblicazioni dei media affiliati allo stato russo con un’etichetta di avviso di possibile disinformazione. A seguito del rifiuto di Menlo Park di rimuoverla, Putin ha annunciato limitazioni all’accesso ai due social. In seguito, questi hanno reso impossibile l’utilizzo di molti account attivi sulla questione Ucraina, tra cui quelli appartenenti alle organizzazioni dei media statali russi (questa limitazione comprende, dal 28 febbraio, anche i contenuti pubblicati da Sputnik). Per affermare ancor di più la sua posizione, Facebook ha anche implementato delle funzionalità che permettono ai cittadini ucraini di bloccare il proprio profilo e di rimuovere la possibilità di visualizzare i propri elenchi di amici. Non finisce qui: per evitare la diffusione di informazioni falsate, la piattaforma ha istituito anche uno speciale centro operativo (con personale madrelingua russo/ucraino) preposto al monitoraggio delle tendenze potenzialmente dannose, aggiungendo, inoltre, ulteriori etichette per “marchiare” contenuti vecchi che venissero spacciati per attuali.
Limitazioni anche su YouTube. Costi quel che costi.
Anche YouTube ha annunciato limitazioni nei confronti dei media statali russi per gli utenti in Ucraina, nonostante la richiesta del governo russo di ripristinarne l’accesso.
Questo potrebbe costare sanzioni alla piattaforma di proprietà di Google, che ha però dichiarato al Wall Street Journal che continuerà a monitorare la situazione, mettendo in conto eventuali ripercussioni negative e pesanti ricadute economiche.
Twitter: un argine già consolidato contro la disinformazione
Sulla scia degli altri social network, Twitter ha aggiunto (anche in questo caso a partire dal 28 febbraio) etichette ai tweet riguardanti contenuti dei media affiliati al governo russo, allo scopo di ridurne la veicolazione ed eliminare flussi specifici ai tweet consigliati. Ma la piattaforma fondata da Jack Dorsey da tempo, si sa, ha avviato un percorso di fermo contrasto alle fake news e alle forme fuorvianti di propaganda: dal 2019, non a caso, ha bandito ogni pubblicità politica. L’obiettivo? Rendere il flusso di informazioni il più fedele possibile alla realtà, onde evitare la diffusione di notizie o contenuti che possano minare le vie diplomatiche.
Tik Tok? Un vero “far west”
Sul versante opposto troviamo invece TikTok: il social cinese pare sia diventato terreno fertile per le condivisioni di fake news, soprattutto a seguito dell’introduzione di nuovi incentivi alla monetizzazione per i video popolari. Monitorare e tentare di gestire queste situazioni sta creando, quindi, non pochi problemi al team dell’app che ha dato vita al formato reel.